Che succede in Ecuador

 

 

Da molti giorni in Ecuador è in corso una vigorosa protesta degli indigeni, con una grande marcia che converge su Quito, dove per il 13 è previsto anche uno sciopero generale, con l’adesione di tutte le sinistre. Ho ricevuto molto materiale che in questa fase è impossibile tradurre, ma ho colto l’occasione di uno dei preziosi mininotiziari curati da Aldo Zanchetta per fornire una prima informazione, che riporto qui.  Di seguito la dichiarazione della CONAIE. Farò il possibile per inserire altri testi, e comunque, a chi me lo chiede con una mail al mio indirizzo personale, ([email protected]
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) posso inviare altro materiale NON TRADOTTO.

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 PERCHE? GLI INDIGENI SI METTONO IN MARCIA

L’ECUADOR DI FRONTE ALLA ‘SOLLEVAZIONE INDIGENA’

 

La CO.NA.I.E. (Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador), la più antica e, pur fra alti e bassi, la più combattiva delle organizzazioni indigene dell’America del Sud, ha lanciato l’appello al levantamiento (sollevazione) dei popoli e nazionalità indigene ecuadoriane.

Una decisione difficile e arrischiata, data la popolarità del presidente Rafael Correa[1]. Difficile e arrischiata per la concomitanza delle proteste con la presentazione di due leggi apparentemente ‘progressiste’, che ha visto scendere in strada sia gli indigeni, assieme ad alcune componenti della sinistra, ma anche la destra, per cui è facile insinuare critiche di fronte a questa apparente unità con le destre contro il governo.

Si è trattato di due leggi all’apparenza progressiste, in realtà ambigue nelle formulazioni[2] e quindi nei possibili effetti, che vengono dopo una lunga serie di provvedimenti volti a limitare, se non addirittura a cancellare, la libertà di associazione con una legge burocratica e cavillosa che impone di fatto uno stretto controllo governativo sulle attività di ogni forma associativa, che necessita di iscrizione a un apposito registro nazionale. Di fatto da tempo le attività di protesta erano represse con la carcerazione non giudiziaria di centinaia di leader comunitari. Ora si regolarizzano gli arbitri con una legge ad hoc.

D’altra parte le due proposte di legge sono apparigliate ad alcune proposte di modifica di alcuni articoli della Costituzione in senso regressivo (ah, già, gli OGM, che errore averli esclusi con la Costituzione!) e alla manovra per far votare al parlamento, controllato da Correa, la rieleggibilità a Presidente al di dei due mandati oggi consentiti. Mmmmhhh…

Fra le ultime contestazioni della base c’è anche la recente firma del Trattato di Libero Commercio con la Unione Europea. Intanto, l’FMI, cacciato dal paese agli inizi del primo governo Correa (vedi dopo), è rientrato con tutti gli onori nel paese.

Altri motivi di protesta sono più specificatamente indigeni nel contenuto: l’eliminazione dell’insegnamento bilingue, la chiusura di scuole indigene, in particolare della famosa università indigena Amawtay Wasi di Quito[3], la decisione di revocare la sede concessa in comodato da molti anni alla CO.NA.IE.

Come si vede fra i principi costituzionali e la loro traduzione in un sistema giuridico coerente il passo è lungo, come spesso accade (non solo in Ecuador). In un paese che, come più o meno tutti gli altri in America Latina, è caduto nella trappola dell’estrattivismo come asse portante dell’economia, è difficile rispettare i diritti della natura e, più concretamente, quelli dei popoli indigeni e del mondo contadino colpiti nel cuore della loro economia di ‘sussistenza’[4]. E riprendono forza le critiche che, fra le molte lodi, vennero subito fatte alla Costituzione. Significativa fu l’estromissione a un certo punto dalla presidenza della Costituente di Alberto Acosta, che stava conducendo bene i lavori, colpevole secondo Correa di concedere troppo spazio ai dibattito in assemblea.

 

LA PARABOLA POLITICA DEL GOVERNO CORREA

Eppure Correa sembrava partito bene: la nuova Costituzione (Montecristi, 2007)[5], il rafforzamento di un apparato statale assai fragile, la decisione di non rinnovare nel 2009  la concessione della base navale di Manta al governo degli Stati Uniti, la cacciata del rappresentante del Fondo Monetario Internazionale e la decisione di sottoporre ad audit il debito estero del paese, l’adesione all’ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe) promossa da Cuba e Venezuela e il sostegno alle politiche di integrazione sudamericana, le politiche sociali per la riduzione della povertà etc.

Eduardo Gudynas, un critico attento all’involuzione del governi di ‘sinistra’ latinoamericani, però già nel 2012 scrivevaVennero fatte molte cose in un periodo breve di tempo. Ma con il passare del tempo l’amministrazione Correa cominciò anche a mostrare tensioni e non poche contraddizioni. Vennero mantenute le strutture economiche tradizionali, la riduzione della povertà rallentò il passo e si cadde in discutibili battaglie contro la stampa. Il ruolo del paese come esportatore di materie prime si rafforzò, e Correa si lanciò a promuovere l’estrazione mineraria a cielo aperto. Reclami e proteste della cittadinanza cominciarono a farsi più frequenti. La risposta di Correa fu, in alcuni casi, di prendersi gioco di queste, trattandole di infantilismo di sinistra; in altri le criticò duramente, e più recentemente giunse a incriminarle e criminalizzarle. […] Fra questi avanzamenti e passi indietro, vari attori della sinistra ecuadoriana che inizialmente erano stati sostegni chiave per il governo cominciarono a disilludersi e poco a poco lasciarono il governo o scelsero l’opposizione»[6].

La legge sull’acqua (Ley de recursos hídricos) costituì nel 2014 il primo grande scontro organizzato con la realizzazione di una lunga marcia attraverso il paese, premonizione di quella oggi iniziata con il più ambizioso motivo di ottenere un referendum per l’esonero del Presidente e la Convocazione delle Elezioni per una nuova Assemblea Costituente.

Venne poi la vicenda del Parco Nazionale dello Yasuni, una delle principali riserve biologiche del pianeta. Il governo, che non avrebbe dovuto neppure sollevare il problema a norma della Costituzione, pose il problema della sua integrità a patto che le nazioni ricche versassero al paese un contributo compensatorio delle ricchezze petrolifere non estratte. La vicenda ha avuto passaggi contorti e poco chiari, ed oggi l’accordo con altri governi che inizialmente era sembrato possibile, di fatto non è stato concluso ed ora sul Parco Yasuni incombono le imprese petrolifere della Cina, paese con il quale l’Ecuador si è fortissimamente indebitato. E sulla vicenda Yasuni si è formata un’ampia coalizione sociale di difesa dell’integrità[7]. Una delle accuse infatti è proprio questa. Dopo aver mostrato inizialmente una buona grinta contro le ingerenze statunitensi e i capestri imposti dalle grandi istituzioni finanziarie internazionali (FMI, Banca Mondiale), oggi il governo viene accusato di avere ceduto la sovranità nazionale alla Cina.

Il tutto avviene mentre la “bonanza” dovuta alla congiuntura favorevole del prezzo delle materie prime sul mercato internazionale è terminata ed ora è più difficile finanziare le consistenti politiche sociali (assistenzialista, non strutturali: anche papa Francesco dixit) e le grandi opere pubbliche generatrici di impiego che sono state alla base della popolarità del governo Correa[8]. I primi tagli alle une e alle altre sono già iniziati nei mesi scorsi. E i risultati si sono visti nelle elezioni amministrative dello scorso anno che hanno visto il governo sconfitto nelle grandi città dove la destra ha messo all’attivo le alcaldíe delle principali città del paese.

I popoli indigeni in particolare hanno visto le loro conquiste sociali progressivamente smantellate: la cancellazione del bilinguismo nelle scuole, la chiusura della prima università indigena latinoamericana, la Amawtai Wasi di Quito[9] e via dicendo.

Il 19 giugno l’Assemblea di ECUARUNARi, la Confederazione dei popoli kichwa dell’Ecuador, da sempre la più combattiva e organizzata fra le tre che conformano la CO.NA.IE., ha proclamato il levantamiento con la richiesta di un referendum nazionale, previsto nella Costituzione, per la revoca degli attuali Presidente, Vice Presidente e dei membri dell’Assemblea Nazionale, nonché la richiesta di convocazione di una nuova Assemblea Costituente per la Rifondazione dello Stato plurinazionale dell’Ecuador (vedi il testo in calce).

Il 30 giugno la stessa Ecuarunari, nella persona del suo presidente C.P.Guartambel ha presentato al CNE (Consiglio Nazionale Elettorale) la richiesta motivata di consegna dei moduli per raccogliere le firme per la richiesta di un Referendum Popolare volto alla convocazione della Assemblea Costituente. Fra le motivazioni spiccano che nel paese si va consolidando il capitalismo la cui base fondamentale è “lo sfruttamento dell’essere umano e della madre terra”. In particolare si sostiene che “l’Ecuador sta approfondendo la propria dipendenza dall’imperialismo della Cina[10] e accentuando, per mezzo del debito esterno, l’estrazione di risorse energetiche e di costruzione di infrastrutture nel quadro della modernizzazione capitalista per offrire migliori condizioni alle multinazionali sfruttatrici delle nostre risorse naturali[11].” Il documento termina affermando che “La storia richiede una azione adeguata del movimento indigeno e dei settori sociali del paese di fronte alla crisi economica, politica, sociale e etica che la società ecuadoriana attraversa e la crisi civilizzatoria mondiale”.

 

LA GRANDE MARCIA E LE GIORNATE NAZIONALI DEL 10 E DEL 13 AGOSTO

Così la CO.NA.IE.,con l’accordo delle sue tre organizzazioni regionali (altopiano, costa e Amazzonia), il 17 e 18 luglio ha decretato la Grande Marcia iniziata ieri 2 agosto. Due colonne, una dal nord e una dal sud, marceranno su Quito e strada facendo si uniranno da est le componenti amazzoniche. La marcia, alla quale hanno aderito altri settori non indigeni della società ecuadoriana. percorrerà oltre 1.000 km attraverso 7 province del paese, Gli indigeni, e le organizzazioni sindacali che si sono unite ad essi, hanno dichiarato che non chiederanno il permesso di passaggio alle autorità locali delle zone attraversate, in segno di autonomia: « aglialcaldi ai governi locali chiediamo il permesso. L’unica a cui chiederemo permesso è la Pachamama, come ci hanno insegnato i nostri antenati … […] Noi stiamo qua da 10.000 anni e 523 anni or sono vennero gli spagnoli […] Che diano autorizzazioni dove compete loro, perché le nostre terre appartengono ai nostri padri, le strade appartengono agli ecuadoriani e non c’è ragione per chiedere permesso ad alcuno ma solo alla Madre Terra» ha detto Carlos Pérez Guartambel, l’attuale presidente di Ecuarunari. Da parte sua Pablo Serrano, Presidente del Fronte Unitario dei Lavoratori (FUT) ha dichiarato che, trattandosi di una mobilitazione convocata dalle organizzazioni sindacali e appoggiata dalla cittadinanza, se necessario si ricorrerà al diritto alla resistenza riconosciuto dall’articolo 98 della Costituzione.

 

UNA SOVVERSIONE COSTITUZIONALE?

 

Difficile da capire per i nostri riferimenti occidentalilevantamiento cioè sollevazione non è un atto violento, insurrezionale?

Quanto le organizzazioni indigene stanno facendo rientra in quanto previsto, anche se non rispettato, dalla Costituzione. Gli indigeni non mirano ad andare al potere, come non hanno in effetti fatto nei positivi levantamientos del 1994, 1997 e 2000. Chiedono un Referendum, costituzionale, per la revocatoria del Presidente, del suo Vice e dei membri del Parlamento e per la convocazione di una nuova Assemblea costituente.

Ci riusciranno? È ciò che vedremo nei prossimi giorni e settimane.

Ma per noi occidentali la vicenda va analizzata e ragionata a fondo in altri aspetti, cosa che cercheremo di motivare nei prossimi giorni.

Aldo Zanchetta 2 agosto 2015 [email protected]
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 www.kanankil.it

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RATIFICA DEL NO AL DIALOGO COL GOVERNO E CONVOCAZIONE DI UNA ASSEMBLEA COSTITUENTE

La Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador –CONAIEriunita nella sua Assemblea annuale a Salasaca (Tungurahua) nei giorni 17 e 18 luglio del 2015 con la partecipazione delle sue componenti regionali ECUARUNARI (Sierra), GONOAE-CONFENIAE (Amazonía) e CONAICE (Costa), di fronte alla congiuntura del paese e la situazione del movimento indigeno, ha deciso

·         Convocare le basi dei popoli e nazionalità alla Grande Sollevazione indigena in unione coi settori sociali e il popolo ecuadoriano per il giorno 10 agosto, definendo con una agenda propria e ratificare con fermezza il No al Dialogo con il governo nazionale e convocare una nuova Assemblea Costituente per costruire il vero Stato Plurinazionale.

·         Frenare la spoliazione delle terre e dei territori che il Governo nazionale promuove con la Ley de Tierras, Aguas y Ley de MineríasPertanto promuoviamo di archiviare la Ley de Tierras e la deroga delle Leggi che danneggiano lo sviluppo e i Diritti dei Popoli Indigeni. Rafforzare il controllo dei nostri territori e non permettere l’ingresso di alcun funzionario governativo ad alcuna impresa transnazionale.

·         Implementare una agenda unitaria assieme ai settori sociali e organizzare i processi di mobilitazione che iniziano con la Marcia dei popoli in partenza da Tundayme (Zamora Chinchipe), il 2 di agosto, il  Levantamiento Indígena del 10 di agosto e lo Sciopero Nazionale del 13 di agosto. el Paro Nacional del 13 de agosto.

·         Porre fine alla corruzione istituzionale e allo stato di repressione per costruire la Democrazia Plurinazionale.

·         Arrestare la persecuzione politica e la incriminazione giudiziaria del Governo di Rafael Correa, contro i leader sociali, dei dirigenti dei popoli indigeni, degli studenti, dei medici, dei pensionati, dei difensori della natura, dei diritti umani e degli altri settori sociali organizzati.

·         Archiviare la proposta delle Modifiche Costituzionali che promuove la restrizione dei Diritti che grazie alle lotte sono stati inclusi nella Costituzione.

·         Ratificare l’impegno pieno per sconfiggere il modello di economia capitalista basata sullo sfruttamento petrolifero e minerario potenziato da questo Governo

Consejo de Gobierno de CONAIE

EcuaChaski:-

(traduzione di A.Z.)

Mentre le richieste della CO.NA.IE., la Confederazione indigena, sono riportate sopra, per una migliore comprensione di quelle della sinistra e dei sindacati consigliamo la lettura dell’intervista a Alberto Acosta, che fu candidato delle sinistre alle elezioni presidenziali del 2013. E’ reperibile sul blog:  www.camminardomandando.wordpress.com. Intanto la marcia è giunta ieri a Lacatunga dove la CO.NA.IE. ha ufficializzato la decisione della ‘sollevazione indigena’ e l’adesione allo sciopero generale.

Vedi anche altri articoli in: http://www.kanankil.it/ultime-notizie

dal MININOTIZIARIO AMERICA LATINA DAL BASSO

n.11/2015 del 10 agosto 2015

a cura di Aldo Zanchetta – [email protected]