La Russia connection degli euroscettici

di  Guido Caldiron, da ilmanifesto

Neofascisti europei. Ungheresi, italiani, francesi, inglesi, greci, bulgari, belgi, austriaci nell’orbita di Putin. Guardano a Mosca come polo geopolitico della «tradizione»

 

L’appuntamento è ancora lon­tano, ma non per que­sto desta meno inquie­tu­dine. Il 4 e il 5 di otto­bre, in occa­sione del Forum nazio­nale russo che si cele­bra a San Pie­tro­burgo, l’estrema destra di tutta Europa, sono pre­vi­sti oltre 1500 invi­tati, si riu­nirà con i ver­tici della Rus­sia per creare un “coor­di­na­mento per­ma­nente”. Una sorta di “komin­tern dei nazio­na­li­sti bian­chi”, secondo Le Monde che ha reso nota la noti­zia. Un segnale che si aggiunge a molti altri e che ha spinto più di un com­men­ta­tore inter­na­zio­nale a chie­dersi se tra i vin­ci­tori delle recenti ele­zioni euro­pee non ci sia stato anche Vla­di­mir Putin.

Dagli euro­scet­tici bri­tan­nici di Nigel Farage a Marine Le Pen, dalla Lega Nord ai neo­fa­sci­sti unghe­resi di Job­bik, la nuova estrema destra che ha fatto il suo rumo­roso ingresso nel par­la­mento di Bru­xel­les, è infatti divisa su molti punti, ma non sul fatto di con­si­de­rare Putin il pro­prio prin­ci­pale punto di rife­ri­mento. Un’attenzione ricam­biata dal Crem­lino. E le tracce di que­steliasons dan­ge­reu­ses sono emerse ben prima del voto.

Giu­sto alla vigi­lia delle ele­zioni, il Poli­ti­cal Capi­tal Insti­tute di Buda­pest aveva pub­bli­cato un ampio dos­sier, inti­to­lato signi­fi­ca­ti­va­mente Rus­sia con­nec­tion che sot­to­li­neava come la Rus­sia di Putin stesse appog­giando alcune delle forze euro­scet­ti­che e di estrema destra di tutta Europa. A par­tire da quelle unghe­resi. Un allarme che aveva tro­vato ulte­riore con­ferma quando l’europarlamentare diJob­bik Bela Kovacs era stato messo sotto inchie­sta, accu­sato di atti­vità di spio­nag­gio a favore di Mosca. Secondo Péter Kreko, dell’istituto di ricerca magiaro, pro­prio dalla Rus­sia arri­ve­reb­bero cospi­cui finan­zia­menti sia agli estre­mi­sti locali che all’Alleanza euro­pea dei movi­menti nazio­nali che riu­ni­sce, sotto la guida di Job­bik, neo­fa­sci­sti di tutta Europa. Una dele­ga­zione dell’Alleanza è stata invi­tata alla Duma di Mosca nel 2013.
Il caso unghe­rese è però tutt’altro che iso­lato. Come ha spie­gato su Foreign Affairs Mit­chell A. Oren­stein, docente di studi eura­sia­tici e di Sto­ria russa dell’Università di Har­vard, citando diversi docu­menti riser­vati, sul libro paga di Mosca potreb­bero esserci anche altre for­ma­zioni estre­mi­ste se non aper­ta­mente neo­na­zi­ste: dai bul­gari di Ataka alla greca Alba Dorata.

Se que­sti casi pos­sono appa­rire ecce­zio­nali, non altret­tanto si può dire degli stretti rap­porti che inter­cor­rono tra i ver­tici di Mosca e il Front Natio­nal di Marine Le Pen? Più volte ospite delle isti­tu­zioni russe, o invi­tata nel paese dai rap­pre­sen­tanti di Russia-Unita, la lea­der dell’estrema destra fran­cese è una pre­senza fissa sia delle tv satel­li­tari legate al Crem­lino, su tutte, “Rus­sia Today” che della radio “Voce della Rus­sia”. I rap­porti tra Mosca, il Front Natio­nal e l’intero cir­cuito euro­peo che fa rife­ri­mento a Le Pen — spiega un’inchiesta del Nou­vel Observateur, dal titolo “Putin, le grand frère de fachos” -, sono ini­ziati alcuni anni fa per il tra­mite dell’estrema destra russa e di alcuni ambienti della Chiesa orto­dossa legata ai movi­menti anti-abortisti, per poi allar­garsi ai ver­tici delle isti­tu­zioni russe. «Mosca ha deciso di pun­tare su Marine Le Pen», scrive Vin­cent Jau­vert.
Così, non deve stu­pire se a marzo è stata pro­prio una dele­ga­zione dell’eurodestra — oltre ai fran­cesi del Fn, par­la­men­tari del Vlaams Belang fiam­mingo, dell’Fpö austriaco e della Lega -, ad essere invi­tata a Seba­sto­poli per cer­ti­fi­care il carat­tere demo­cra­tico del refe­ren­dum dei pro-russi della Cri­mea. Ad orga­niz­zare l’iniziativa, l’Osservatorio euroa­sia­tico, un’associazione di estrema destra belga legata a Mosca che fa parte di un net­work euro­peo pro-Putin. Un cir­cuito in cui ope­rano molti espo­nenti sto­rici dell’estrema destra: nel nostro paese, a diri­gere la rivi­sta di studi geo­po­li­tici “Eura­sia” è Clau­dio Mutti, già legato agli ambienti dei cosid­detti nazimaoisti.

Del resto, in Ita­lia, la destra radi­cale, da Forza NuovaCasa Pound, tifa spu­do­ra­ta­mente per Mosca, anche se negli ultimi mesi è alla Lega che spetta il pri­mato in que­sto campo: il par­tito di Sal­vini ha invi­tato più volte nel nostro paese espo­nenti di primo piano di Rus­sia Unita.

Gli euro­scet­tici e l’estrema destra guar­dano alla linea nazio­na­li­sta, anti-immigrati e anti-gay di Putin, men­tre a Mosca — come sot­to­li­nea la sto­rica Mar­lène Laruelle — deci­sivo per l’abbraccio con gli estre­mi­sti neri, risulta l’avvicinamento al Crem­lino di Alek­sandr Dughin, il più noto intel­let­tuale neo­fa­sci­sta locale, stu­dioso di Julius Evola e del pen­siero dif­fe­ren­zia­li­sta di Alain de Benoist. Sulla scorta di quanto scrive Dughin, Putin ha fatto sua l’idea di un polo geo­po­li­tico della “tra­di­zione”, soste­ni­tore dell’identità degli Stati-nazione, da opporre al cosmo­po­li­ti­smo “made in Usa”.