Solidarietà con ambientalisti e lavoratori dell’Ecuador

 

Il 17 settembre a Quito la principale confederazione dei lavoratori, insieme ad altre organizzazioni ambientaliste e indigene, ha convocato una marcia contro un progetto governativo di “riforma del lavoro” che minaccia sostanziali diritti conquistati nel tempo dai lavoratori ecuadoriani, a partire dal diritto di sciopero. Il presidente Correa ha convocato una contromanifestazione facendo occupare dalla polizia e dai suoi sostenitori piazze e strade in cui doveva passare il corteo degli oppositori, provocando così tensioni e scontri. E, con uno stile che ricorda molto quello di Matteo Renzi, il leader della revolución ciudadana ha accusato chi lo contesta da sinistra di voler destabilizzare il paese, di voler provocare una guerra civile come in Venezuela, e i sindacati di non fatto molto per eliminare la terziarizzazione. Riporto volentieri un appello del fronte ambientalista che continua a difendere il progetto originario (che un tempo era anche di Correa) di rinunciare all’estrazione del petrolio nella foresta del parco Yasuní-ITT, e che per questo ha assunto il nome di: Yasunidos. A quanto pare la crisi mondiale spinge anche molti “progressisti” a imboccare la strada delle concessioni alle grandi imprese estrattive, e della repressione di chi dissente. (a.m.19/9/14)

 

 

Alla società ecuadoriana e al mondo

 

Non sono d’accordo con quello che dici,

ma difenderò con la vita il tuo diritto di dirlo.

Voltaire

Nel corso degli ultimi anni l’Ecuador ha vissuto una sorta di schizofrenia permanente. Mentre si cerca a parole di convincerci di aver superato la lunga nottata neoliberista – grandi cambiamenti sociali e ambientali, riduzione della disoccupazione e della povertà – nella pratica abbiamo assistito alla crescita di una delle industrie più inquinanti, quella della mega-estrazione mineraria: espansione del fronte petrolifero; costruzione di un’altra raffineria di petrolio (come se non bastassero le conseguenze lasciate da quella che c’è già a Esmeraldas); firma di un Trattato di Libero Scambio (o qualunque sia il nome che gli si voglia dare); il predominio economico sempre più evidente della Cina, la nazione che emerge come nuova potenza imperialista; sfruttamento dello Yasuní; ma, soprattutto, un’intolleranza della diversità di opinioni e di pensiero mai vista prima.

Se c’è una cosa che non può perdere un paese con una delle società più disponibili alla mobilitazione dell’America e del mondo, è la sua capacità di esprimere senza timore ciò che pensa. È uno dei motivi di fondo per cui noi, gli “Yasuniti”[Yasunidos], abbiamo aderito alla marcia del 17 settembre, convocata dal Fronte unitario dei Lavoratori e da altre organizzazioni.

Con immensa tristezza abbiamo visto concludersi con la repressione una giornata nella quale si è dimostrato come la società ecuadoriana mantenga indistruttibile il proprio senso di libertà. Non ci stupisce, lo abbiamo vissuto sulla nostra stessa carne quando, un anno fa, a causa della liquidazione dell’iniziativa Yasuní-ITT, scendemmo per le strade di Quito per esprimere il nostro scontento. In quel momento è stata montata una campagna denigratoria e persecutoria nei nostri confronti, per delegittimare una rivendicazione che resta e resterà ferma: “difendere la Vita e lo Yasuní”.

Questa è la pratica del potere: Lo conosciamo bene e per questo:

·         Siamo solidali con la mobilitazione popolare di ieri 17 settembre, le cui rivendicazioni erano e continueranno ad essere legittime.

  • Critichiamo l’appello del governo a una contromarcia, con occupazione di strade e altri spazi per i quali avevamo già annunciato che saremmo passati, e altre azioni che hanno cercato di creare un clima di tensioni che, alla fine, è sfociato negli scontri.
  • Condanniamo il comportamento dell’istituzione poliziesca e dei suoi membri e il ruolo che hanno svolto, in particolare la provocazione e l’intimidazione contro i manifestanti in Plaza San Francisco e in vari altri centri del paese in cui si sono svolte marce.

·         Chiediamo la scarcerazione immediata delle persone detenute e la garanzia del rispetto dei loro diritti umani e costituzionali. Dichiariamo di conoscere il compagno Luis Corral, che con il suo impegno e il suo lavoro di vari anni ha collaborato in maniera decisiva alla promozione della proposta di lasciare il petrolio nel sottosuolo e all’iniziativa “Yasuní-ITT”.

Lo abbiamo già detto e ora più che mai lo ribadiamo: crediamo nella pace e nella non-violenza, rimarremo saldi nella lotta e nella resistenza per un paese migliore, il paese in cui gli esseri umani e la natura siano in rapporto rispettoso, il paese da lasciare ai nostri figli e alle nostre figlie.

 (giovedì 18 settembre 2014. Traduzione di Titti Pierini)

Yasunidos