Ancora sulle elezioni greche

 

 

Francamente non sono pentito di aver giudicato “modestissimo” il documento firmato da Jean-Luc  Mélenchon, Stefano Fassina, Oskar  Lafontaine  e Yanis  Varoufakis, anche dopo che alle prime quattro firme si è aggiunta quella di Zoe Konstantopoulou. Mentre non mi ero stupito che Varoufakis fosse della compagnia (tanto più che aveva già scelto o accettato come prefatore di un suo libro proprio Fassina), sono stato effettivamente un po’ sorpreso di vedere su questo testo anche la firma della presidente del parlamento ellenico, che finora era stata di una coerenza e anche di una lucidità ammirevoli. Ma capisco che Zoe, che nel suo paese si è trovata al centro di attacchi delegittimanti e volgari che la additavano come una squilibrata da affidare alle cure del marito  (vedi sul sito Greciavergognosa campagna contro Zoe Konstantopoulou), possa aver ritenuto utile, per rompere l’assedio mediatico, trovarsi in una compagnia considerata in genere rispettabile perché moderata e per aver ricoperto in passato varie cariche di governo.

Non credo che le gioverà molto, ma rispetto la sua decisione. D’altra parte il documento sul piano della denuncia è sostanzialmente corretto: non ha reticenze nel giudicare il memorandum, e nel parlare del saccheggio del paese “ad opera degli interessi privati, greci e non greci”. (Certo, poteva dire “capitalisti”, ma forse era troppo per loro…)

È una strana scoperta però che l’euro sarebbe “diventato lo strumento del predominio economico e politico dell’oligarchia europea”. Da quando? Dal giorno in cui Fassina ha cessato di essere viceministro dell’economia con Letta e poi con Renzi? È vero che Fassina lamentava di non essere mai consultato informato, ma alcune cose si potevano capire dall’inizio

Altro punto debole del testo è l’affermazione che l’UE non solo alimenta l’ascesa dell’estrema destra, ma “è diventata un mezzo per annullare il controllo democratico sulla produzione e la distribuzione delle ricchezze in tutta l’Europa”. Quale controllo? Ma in che Europa hanno vissuto (e ricoperto cariche di ministro) questi signori?

 

Comunque l’asse del testo è la necessità di avere un piano B, come ce l’avevano coloro che hanno strangolato la Grecia e costretto alla resa il governo Tsipras, che il piano B invece non lo aveva. Benissimo, ma la concretizzazione del piano è debolissima:

«Il nostro primo compitoscrivonoè quello di porre fine all’irresponsabilità dell’Eurogruppo. Il secondo compito è quello di farla finita con il carattere presunto “indipendente” e “apolitico” della Banca Centrale, che è invece altamente politicizzata (nel modo più tossico), totalmente dipendente da banchieri in fallimento e dai loro agenti politici, e disposta a porre fine alla democrazia premendo semplicemente un bottone». Bene, ma come? Con quali strumenti, con quali rivendicazioni, con quali obiettivi mobilitanti, cioè capaci di suscitare una risposta di massa? Il testo non lo dice ma assicura: «Se non si può democratizzare l’euro, se persistono nell’utilizzarlo per strangolare i popoli, noi ci alzeremo, li guarderemo negli occhi e diremo loro: “Provateci e vedrete! Le vostre minacce non ci spaventano.”».

Non credo che i grandi capitalisti che dominano l’Europa (peraltro mai esplicitamente nominati) abbiano tanto paura dello sguardo di Fassina o Lafontaine o Mélenchon…

Ma c’è qualcos’altro che dovrebbe essere risolutivo: il piano B europeo, che dovrebbe essere lo scopo del “vertice” proposto per novembre. Quando si comincia a definirlo, si sprofonda nel nulla. Certo si dice che il piano B “esige un elevato livello di preparazione”. Ma anche che “gli elementi tecnici verranno arricchiti dalla discussione”. Di fatto vuol dire che non ci sono ancora. “Molte idee sono già sul tavolo: l’introduzione di sistemi paralleli di pagamento, le monete parallele, la numerazione delle transazioni in euro per aggirare la mancanza di liquidità, i sistemi di scambio complementari nell’ambito di una comunità, l’uscita dall’euro e la trasformazione dell’euro in moneta comune”.

In attesa che la discussione “arricchisca gli elementi tecnici”, si gettano alla rinfusa sul tavolo tre o quattro proposte, esclusivamente sul terreno monetario, tutte sullo stesso piano, senza identificare una priorità, senza pensare minimamente al loro potenziale mobilitante, e soprattutto senza neppure accennare al rifiuto di pagare il debito iniquo e illegittimo, che aveva caratterizzato già prima del cedimento di Tsipras la battaglia di Zoe Konstantopoulou.

Insomma, se il timore di Alfonso Gianni che questo testo potesse danneggiare Tsipras era esagerato (a meno che non lo preoccupasse l’accenno al “Colpo di Stato” di metà luglio…), va detto che non porta nessun aiuto neppure alla difficilissima battaglia della lista di Unità Popolare, che sconta il ritardo di tutta Syriza nel definire un vero piano B non puramente monetario, cioè nel preparare una mobilitazione di massa contro l’attacco feroce sferrato tra febbraio e luglio dalla trojka. Ridurre la contrapposizione alla sola questione dell’euro o delle monete alternative era riduttivo e difficilmente mobilitante. Oggi la DICHIARAZIONE PROGRAMMATICA DI UNITÀ POPOLARE ha colmato in parte il ritardo, ma si scontano alcuni mesi in cui non il solo Tsipras seminava illusioni su un possibile esito della trattativa, senza osare spiegare che si trattava con avvoltoi rapaci e avidi, che mentivano sempre, e che erano non partner, ma nemici… E che lo scontro non era tra dracma o euro, e neppure tra la Grecia e la Germania, ma una lotta di classe contro un capitalismo spietato e parassitario, presente con le stesse caratteristiche in tutta l’Europa, e che andava colpito in primo luogo nei suoi terminali in Grecia, nazionalizzando banche e grandi proprietà armatoriali. (a.m.14/9/15)

 

 

Ed ecco l’appello integrale (la traduzione è di Titti Pierini).

 

Per un piano B in Europa

 

Il francese Jean-Luc Mélenchon, l'italiano Stefano Fassina, i greci ZoeKonstantopoulou e Yanis Varoufakis, e il tedesco Oskar Lafontaine propongono insieme «che si tenga un vertice internazionale per un piano B in Europa, aperto ai cittadini, alle organizzazioni e agli intellettuali. La Conferenza potrebbe aver luogo fin dal Novembre 2015. Lanceremo questo processo sabato 12 settembre in occasione della Festa dell’Humanité».

 

Il 13 luglio, il governo greco democraticamente eletto di Alexis Tsipras è stato messo in ginocchio dall’Unione Europea. L’“accordo” del 13 luglio è in realtà un colpo di Stato. Lo si è ottenuto con la chiusura delle banche greche da parte della Banca Centrale Europea (BCE) e la minaccia di non autorizzarle a riaprire finché il governo greco non avesse accettato un’ulteriore versione del programma che è fallito. Perché? Perché l’Europa ufficiale non poteva tollerare l’idea che un popolo che subisce il suo programma di austerità autodistruttiva abbia osato eleggere un governo deciso a dire “NO!”.

Ormai, con ancor più austerità, ancor più privatizzazioni al ribasso degli attivi pubblici, una politica economica più irrazionale che mai, e la misantropia a guisa di politica sociale, il nuovo memorandum non serve che ad aggravare la Grande Depressione greca e il saccheggio del paese ad opera degli interessi privati, greci e non greci.

Ricaviamo gli insegnamenti da questo colpo di Stato finanziario. Questo euro è diventato lo strumento del predominio economico e politico dell’oligarchia europea, che si nasconde dietro il governo tedesco e gongola nel vedere la signora Merkel fare tutto il “lavoro sporco” che gli altri governi sono incapaci di fare. Questa Europa non fa che produrre violenze in seno alle nazioni e tra di esse: massiccia disoccupazione, feroce dumping sociale, insulti rivolti dai dirigenti tedeschi all’Europa del Sud e ripetuti da tutte le élites, comprese quelle di questi stessi paesi. L’Unione europea alimenta l’ascesa dell’estrema destra ed è diventata un mezzo per annullare il controllo democratico sulla produzione e la distribuzione delle ricchezze in tutta l’Europa.

Sostenere che l’euro e l’Unione europea siano al servizio degli europei e li proteggano dalla crisi è una pericolosa menzogna. È illusorio credere che gli interessi dell’Europa possano essere protetti nel quadro della prigione delle regole dell’eurozona e degli attuali trattati. Il metodo Hollande-Renzi dell’“alunno diligente”, in realtà del prigioniero modello, è una forma di capitolazione che non servirà neanche ad ottenere clemenza. Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, lo ha affermato con chiarezza: «non vi possono essere scelte democratiche contro i trattati europei». È il riadattamento neoliberista della «sovranità limitata» inventata dal dirigente sovietico Breznev nel 1968. All’epoca, i sovietici schiacciavano la Primavera di Praga con i carri armati. Quest’estate, l’Unione Europea ha schiacciato la Primavera di Atene attraverso le banche.

Noi siamo decisi a rompere con questa Europa. È la condizione per ricostruire collaborazioni fra i nostri popoli e i nostri paesi su nuove basi. Come condurre una politica di ripartizione delle ricchezze e di creazione di posti di lavoro soprattutto per i giovani, di transizione ecologica e di rifondazione democratica, di fronte a questa Unione Europea? Dobbiamo sfuggire all’inanità e alla disumanità dei trattati europei e rifondarli, per eliminare la camicia di forza del neoliberismo, abrogare l’accordo di bilancio, rifiutare il trattato di libero scambio con gli Stati Uniti (TTIP)

Il periodo è straordinario. Siamo di fronte a un’urgenza. Gli Stati membri debbono avere lo spazio politico che consenta alle loro democrazie di respirare e di instaurare politiche adeguate al livello nazionale, senza temere che lo vietino un Eurogruppo autoritario dominato dagli interessi del più forte degli Stati membri e dal mondo degli affari, una BCE utilizzata come rullo compressore che minaccia di schiacciare ogni paese “che non collabori”, come è accaduto con Cipro e con la Grecia.

È il nostro piano A: lavorare, in ciascuno dei nostri paesi, e insieme attraverso l’Europa, alla completa rinegoziazione di tutti i trattati europei. Ci impegniamo a collaborare ovunque con la lotta degli europei, in una campagna di disubbidienza alle pratiche europee arbitrarie e alle regole irrazionali fino a che la rinegoziazione non sia andata a buon fine.

Il nostro primo compito è quello di porre fine all’irresponsabilità dell’Eurogruppo. Il secondo compito è quello di farla finita con il carattere presunto “indipendente” e “apolitico” della Banca Centrale, che è invece altamente politicizzata (nel modo più tossico), totalmente dipendente da banchieri in fallimento e dai loro agenti politici, e disposta a porre fine alla democrazia premendo semplicemente un bottone.

La maggioranza dei governi che rappresentano l’oligarchia europea e che si nascondono dietro Berlino e Francoforte, hanno anch’essi un piano A: non cedere alla richiesta di democrazia da parte dei cittadini europei e utilizzare la brutalità per stroncarne la resistenza.  Lo abbiamo visto in Grecia a luglio. Perché sono riusciti a strangolare il governo eletto democraticamente in Grecia? Perché loro avevano anche un piano B: espellere la Grecia dall’eurozona nelle peggiori condizioni possibili, distruggendone il sistema bancario e finendo di rovinarne l’economia.

Di fronte a un cambiamento del genere, abbiamo bisogno anche noi di un nostro piano B per dissuadere quello delle forze più reazionarie e antidemocratiche dell’Europa. Per rafforzare la nostra posizione di fronte al loro impegno brutale verso politiche che sacrifichino la maggioranza a profitto degli interessi di un’infima minoranza. Ma anche per riaffermare il semplice principio che l’Europa altro non è se non gli europei e che le monete sono strumenti per sostenere una prosperità condivisa, non mezzi di tortura o armi per assassinare la democrazia. Se non si può democratizzare l’euro, se persistono nell’utilizzarlo per strangolare i popoli, noi ci alzeremo, li guarderemo negli occhi e diremo loro: «Provateci e vedrete! Le vostre minacce non ci spaventano. Troveremo il modo di garantire agli europei un sistema monetario che funzioni con loro, non a loro spese».

Il nostro piano A per un’Europa democratica, sorretto da un piano B che mostra come i poteri costituiti non possono terrorizzarci nella sottomissione, punta ad appellarsi alla maggioranza degli europei. Questo esige un elevato livello di preparazione. Gli elementi tecnici verranno arricchiti dalla discussione. Molte idee sono già sul tavolo: l’introduzione di sistemi paralleli di pagamento, le monete parallele, la numerazione delle transazioni in euro per aggirare la mancanza di liquidità, i sistemi di scambio complementari nell’ambito di una comunità, l’uscita dall’euro e la trasformazione dell’euro in moneta comune.

Noi dunque proponiamo che si tenga un vertice internazionale per un piano B in Europa, aperto a cittadini, organizzazioni e intellettuali. La Conferenza potrebbe aver luogo fin dal Novembre 2015. Lanceremo questo processo sabato 12 Settembre in occasione della Festa dell’Humanité. Raggiungeteci!

 

Firmatari:

Jean-Luc Mélenchon, deputato europeo, cofondatore del Parti de Gauche (Partito di Sinistra) (Francia)

Stefano Fassina, deputato, ex viceministro dell’Economia e delle Finanze (Italia)

Zoe Konstantopoulou, presidente del Parlamento ellenico (Grecia)

Oskar Lafontaine, ex ministro delle Finanze, cofondatore di Die Linke (La Sinistra) (Germania)

Yanis Varoufakis, deputato, ex ministro delle Finanze (Grecia)