Coscienze atrofizzate

 

Da molti giorni non riesco a scrivere. La ragione è semplice: volevo intervenire sulla politica italiana, e da una decina di giorni avevo cominciato a scrivere qualcosa che non riuscivo mai a finire e che il giorno dopo scartavo, perché c’era qualcosa di peggio. D’altra parte c’era molto da fare per raccogliere documentazione sulla Grecia, dando voce a quella maggioranza di Syriza che anche qui viene ignorata, presentata come minoranza insignificante, o direttamente calunniata (anche sulle pagine del Manifesto, quasi ogni giorno. Come oggi: http://ilmanifesto.info/syriza-non-e-un-partito-di-governo/, controllate pure…).

E, a parte il caldo soffocante, mi demoralizzava la sensazione di inutilità dello scrivere. Ogni giorno qualche novità infame, accolta dalla ormai consueta rassegnazione: nell’indifferenza generale si sprofonda fino al collo nella melma. Di esempi ce ne sono tanti. E ciascuno avrebbe meritato un articolo puntuale se non mi fossi demoralizzato troppo. Provo comunque a riprendere il filo da dove si è spezzato, recuperando qualche appunto.

Quando (raramente) una sentenza della Cassazione o della Corte Costituzionale dice qualcosa di buono, sia pur accompagnato da “distinguo” che rendono poi più facile un’interpretazione restrittiva, si leva subito una canea che la dichiara scandalosa, sbagliata e frutto di una inammissibile invasione di campo da parte del potere giudiziario. È successo quando su pressione della Corte europea si era dichiarato inammissibile il taglio delle pensioni, o il blocco perenne della contrattazione sindacale per il pubblico impiego. E spudoratamente si è trovato subito il cavillo per aggirare la sentenza, o per ridimensionarla stabilendo una restituzione solo parziale del maltolto.

Analoga la reazione alla sentenza della Cassazione sulla legittimità della richiesta di pagamento dell’ICI alle scuole cattoliche, salutata da una “Santa alleanza” tra Conferenza episcopale e bigotti trasversali, del centrosinistra e della destra di ogni genere. Le scuole religiose dicono di rimetterci, anzi che farebbero risparmiare lo Stato… In realtà, se spesso pagano poco gli insegnanti, soprattutto nel sud, ricevono uno scandaloso contributo diretto, inaugurato da Luigi Berlinguer alla faccia della Costituzione. Silenzio naturalmente da parte del papa, che poi si rifarà a basso costo con le proclamazioni di alti valori spirituali apprezzati unanimemente dalla sinistra. Ma, vista l’esiguità delle proteste, il governo se ne infischia della sentenza e la norma sarà applicata… solo se le scuole saranno dichiaratamente a fine di lucro: cioè mai.

Insufficienti anche le reazioni alla proposta spudorata di tagliare la spesa sanitaria per analisi cliniche, facendo pagare ai medici che le hanno prescritte quelle ritenute “eccessive”. Ritenute da chi? Da qualche medico fallito, che si presterà a fare da sbirro, come in URSS e nei paesi organizzati a sua immagine e somiglianza, c’era sempre un musicista o scrittore mediocre alla testa dell’associazione dei musicisti o degli scrittori, per giudicare cosa si poteva eseguire o pubblicare? Ma la proposta comunque è passata, infilata in uno dei soliti decreti legge calderone, e la ridente ministro Beatrice Lorenzin (rappresentante di quel NCD che ha pochi voti ma un altissimo potere di ricatto) ha già spiegato che non si tratta di “tagli” ma di “misure di efficientamento” (sic!). Eppure negli ultimi anni si è allargato sempre più il numero dei cittadini che rinunciano a curarsi per il costo dei ticket.

Come è possibile che il governo possa imporre spudoratamente ulteriori peggioramenti su tutti i piani se, quasi dimenticate le sempre meno convincenti mitizzazioni di un presunto consenso del 42% dei votanti (non degli elettori), non può contare che su una maggioranza parlamentare esigua ed incerta, malamente rappezzata con qualche altro plotone di centro destra accorso in suo soccorso? La maggioranza è costantemente minacciata dai ricatti delle componenti provenienti dall’area berlusconiana, acquistate a caro prezzo, ma capaci perfino di far capovolgere l’orientamento del PD sull’autorizzazione a procedere nei confronti di un personaggio squallido come Antonio Azzollini, passato per una decina di organizzazioni, dal PdUP a Forza Italia e legato a uno spettacolare fallimento di una delle tante gigantesche strutture sanitarie a direzione clericale, ma finanziate dallo Stato.

La maggioranza è sempre in forse (salvo quando si impone la fiducia, ricattando il grosso del gregge parlamentare con la minaccia di elezioni anticipate), anche per le conseguenze delle lotte di bande al suo interno, a colpi di dossier o di campagne stampa contro qualche suo esponente vagamente scomodo (Marino o Crocetta o altri minori), che finora si sono concluse con un nulla di fatto non per conclamata innocenza o per reale popolarità degli accusati, ma per debolezza del gruppo dirigente nazionale, e incapacità di pensare alle conseguenze finali (elettorali) del tiro al bersaglio iniziato irresponsabilmente dai manipolatori di intercettazioni.

La spiegazione è semplice. Non esiste nessuna opposizione.

Non quella di destra, che lascia abbaiare un po’ lo spudorato Brunetta, capace perfino di criticare la “buona scuola” come una riforma “dettata dalla CGIL”, ma è ovviamente più che felice che Renzi porti avanti quei programma che Berlusconi, Gelmini, Sacconi non erano riusciti a realizzare, compresa la Jobs Act che doveva creare chissà quanta occupazione, e che ha assicurato solo l’eliminazione della protezione dell’art.18; non esiste l’opposizione dei residui di SEL in cerca di nuova collocazione; non quella dei cinque stelle che hanno combinato denunce a volte utili di questa o quella singola malefatta del governo con un’assoluta carenza di una proposta alternativa che faccia leva sui gravi disagi della maggior parte della popolazione sul terreno dell’occupazione e delle retribuzioni, oltre che dei tagli al welfare.

Meno che meno c’è un’ombra di opposizione sul terreno del coinvolgimento dell’Italia in situazioni internazionali pericolose ed instabili.

Abbiamo imprese italiane che utilizzano lavoratori in Libia, in molti altri paesi del Vicino e medio Oriente, in Africa, e ogni tanto sono trascinati involontariamente in situazioni legate a conflitti di cui non sono direttamente responsabili, ma in cui i nostri Servizi hanno messo il naso, e i nostri spensierati rappresentanti (il ministro degli Esteri, ma anche l’incredibile Mogherini) hanno messo il becco, parlando a sproposito di imprese militari a cuinonostante l’enorme spesa per il settoreil paese è del tutto impreparato.

Della Libia “la gente” confusamente sa qualcosa (ricordando peraltro poco o niente delle nostre colpe passate), ma dello Yemen chi parla? Eppure siamo coinvolti, abbiamo avallato un’impresa banditesca condotta col falso pretesto della “lotta al terrorismo” da nostri alleati di primo piano come l’Egitto e l’Arabia Saudita, il cui esito finale è lungi dal delinearsi, ma che potrà avere probabilmente un effetto moltiplicatore sul vero terrorismo, in zona o decentrato, con colpi sferrati ai colpevoli diretti dei massacri o ai paesi che figurano tra i venditori di armi agli “Stati canaglia del Golfo” (l’Italia è in testa alle statistiche insieme a Francia e Gran Bretagna.

E che sanno gli italiani di Siria e Iraq? Eppure siamo alleati nella NATO della Turchia che, dopo aver facilitato in molti modi l’installazione dello “Stato Islamico” e averlo utilizzato più volte direttamente, sta ora bombardando le aree liberate con enormi sacrifici dalle milizie curde, col pretesto della lotta al terrorismo, la stessa usata da decenni per coprire e nascondere le cause più ignobili. E fingiamo di credere alla dichiarazione di Erdogan sulla volontà del suo governo di colpire anche l’ISIS, col pretesto dell’attentato di Suruç (la cui attribuzione agli islamici a molti osservatori è apparsa assai sospetta) mentre in realtà contro lo Stato Islamico ci sono stati solo 25 minuti di bombardamento con 5 (cinque!) bombe, mentre centinaia di esponenti curdi e della sinistra laica turca venivano arrestati immediatamente.

Ma i nostri organi di stampa e i dilettanti allo sbaraglio che si occupano di politica estera manifestano gravi sintomi di schizofrenia, e accettano che il nostro superalleato nordamericano e i suoi lacché europei nel comando NATO ripropongano l’equazione PKK o addirittura “curdi” = terroristi. E diano così via libera ai progetti non solo anti curdi, ma reazionari e antidemocratici di Erdogan.

Un altro forte contributo all’irresponsabilità del governo è stato dato dal viaggio del premier in Israele (con annessa visita successiva al povero ostaggio palestinese di Ramallah); alla vigilia della nuova provocazione dei fanatici estremisti sionisti alla spianata delle Moschee un Matteo Renzi ignorante e fazioso ha assicurato l’appoggio incondizionato a qualunque scelta di Israele, pronunciandosi contro il boicottaggio con toni che lasciavano pensare che fosse una folle pensata di qualche pazzo terrorista e non la proposta argomentata di migliaia di accademici, anche ebrei e israeliani, ricalcata su quella che obbligò il Sud Africa dell’apartheid a trattare.

Ma c’è di peggio. Sapientemente pilotata dai mass media, è cresciuta intanto la popolarità del presidente Mattarella, che viene presentato come un maestro di saggezza. Inizialmente tale aura era alimentata dalla sua quasi proverbiale laconicità, ma questa è durata poco. Oggi viene speso largamente a vari livelli: il tocco finale è stata la conferenza degli ambasciatori, dove è diventato loquace e ha avallato il peggior amalgama tra vicende diverse, mettendo insieme padre Dall’Olio e gli sventurati lavoratori mandati a curare gli interessi dell’azienda in una zona della Libia resa particolarmente insicura dal gioco ambiguo e irresponsabile dei “nostri” servizi (che hanno scelto la fazione filoegiziana e l’hanno promossa governo di tutto il paese), e poi, incredibilmente, anche i “nostri marò”, come se fossero “vittime” di un’illegalità, e non protagonisti di una duplice forma di colonialismo: il disprezzo per gli inermi pescatori indiani, e quello per le leggi di un grande paese di antica civiltà. Inutile dire che, per viltà, l’impegno per i due marò assassini è unanime, di tutto il parlamento e praticamente di tutti i mass media, che hanno ignorato le documentazioni proposte, dall’india, da Matteo Miavaldi. (su cui rinvio ai numerosi articoli inseriti sul sito rintracciabili cliccando marò su Cerca sul sito).

Insomma, se si lascia il difficile campo di battaglia interno a Syriza, difficile ma interessante e ricco di insegnamenti preziosi, e si guarda solo all’Italia, ci sarebbe da disperarsi e da cedere alla tentazione di chiudere per sempre il computer. (a.m.30/7/15)

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Postilla sulla Grecia: Dato che alcuni visitatori del sito a volte non perdono tempo a controllare cosa ha davvero pubblicato il manifesto (e per questo qualcuno mi rimprovera di essere settario) ho scelto un passo dell’articolo di Dimitri Deliolanes, da cui risulta chiaro che Tsipras ha ragione e quindi ha il diritto di non permettere che siano candidati i “dissidenti”, anche se oggi sono maggioranza! Quindi si trova giusto che una minoranza escluda la maggioranza. Fatali conseguenze di scelte sbagliate:  cedi un dito, e finirai per dare tutto te stesso al nemico.  (a.m.)

"Come dare torto a Tsi­pras? Dai comodi scranni dell’opposizione è facile distrug­gere l’oligarchia, sgo­mi­nare il libe­ri­smo in Europa e far trion­fare la giu­sti­zia sociale. Quando sei al governo devi invece nego­ziare, ragiun­gere com­pro­messi, scon­ten­tare i tuoi elet­tori, pur di otte­nere quello che ritieni più impor­tante: la sal­vezza del paese e della popo­la­zione, a qual­siasi costo. No, Syriza non è fatto per governare.

E’ rima­sto in gran parte il par­tito del 4%, gene­roso nel pro­muo­vere mobi­li­ta­zioni ma imba­raz­zato nell’affrontare le com­plesse que­stioni che ine­vi­ta­bil­mente pone la gestione del potere. Spe­cial­mente in periodi di ecce­zio­nale cri­ti­cità, come quello che sta affron­tando la Grecia.

Oggi si con­terà il vero peso di Tsi­pras den­tro il suo par­tito. Lui è apparso coe­rente fino alla fine e per­fino otti­mi­sta. Ma è pro­ba­bile che non ce la possa fare. Anche se ambe­due gli schie­ra­menti, i “gover­na­tivi” e i “dis­si­denti”, scon­giu­rano in ogni modo la pos­si­bi­lità di scis­sione, di fatto Syriza è già diviso in due. Con tutte le con­se­guenze di can­ni­ba­li­smo, mal­di­cenze, pugna­late alle spalle e assalti al ciclo­stile che segnano que­sti pas­saggi. Un altro segno della vec­chia cul­tura che ancora segna la sini­stra greca.

Il pros­simo passo saranno ine­vi­ta­bil­mente le ele­zioni. L’obiettivo del pre­mier è di rin­no­vare radi­cal­mente il gruppo par­la­men­tare per otte­nere una mag­gio­ranza sta­bile, quindi nes­suna can­di­da­tura ai dis­si­denti." (Stralcio dall'articolo di Deliolanes sul manifesto http://ilmanifesto.info/syriza-non-e-un-partito-di-governo/,)