Grandi movimenti in Spagna

Spagna | Catalogna: dopo l’assemblea della CUP, inevitabili nuove elezioni?

Grandi movimenti in Spagna. Mentre Rajoy sta a guardare, interrogandosi sul suo futuro, visto che per ora non ha alcuna possibilità di formare un suo governo (gli ascari di Ciudadanos non sono sufficienti a dargli la maggioranza), il PSOE è entrato in ebollizione. Il suo giovane segretario Sánchez stava accarezzando l’idea di una soluzione “alla portoghese”: se, com’è certo, Rajoy non riuscirà a formare un governo, l’incarico passerebbe a lui, che si appellerebbe alle forze di sinistra (leggi Podemos) e alle forze nazionaliste periferiche per mettere in piedi un esecutivo. Contro questa soluzione sono insorti in gran numero i dirigenti regionali, i cosiddetti barones, con alla testa la “baronessa” Susana Díaz, una sintesi fra blairismo e renzismo, presidente del governo di Andalusia, che si regge grazie all’astensione di Ciudadanos. L’obiettivo della Díaz e di altri barones è in realtà quello di far fuori Sánchez e imprimere un’ulteriore svolta a destra al partito. Obiettivo quasi raggiunto. Infatti, il PSOE è autorizzato a trattare con Podemos solo se questi rinuncerà preliminarmente al “diritto a decidere” (l’autodeterminazione) che ha inserito nel suo programma, cosa che Podemos non può certo accettare, a meno di rompere con le sue importanti componenti catalane e galeghe. Inoltre, Sánchez non potrà posticipare il congresso del partito, in modo che, se vi saranno elezioni anticipate, potrà essere messo in minoranza e al posto di segretario generale andrà la Díaz. Discussioni e diatribe, come si vede, all’altezza della situazione.

In Catalogna la situazione è seria, anzi comica

Una ripetizione delle elezioni, questa volta regionali, non è da escludersi nemmeno in Catalogna. Sulla carta, le forze indipendentiste (ciò che resta di Convergència, Esquerra Republicana de Catalunya e Candidatura d’Unitat Popular) avrebbero la maggioranza del Parlament per formare il governo, ma c’è un ostacolo all’accordo. Convergència ed ERC puntano a una riconferma di Artur Mas, che inizialmente alla CUP non andava bene: la sua ex federazione di partiti che aveva governato sino a pochi mesi fa (Convergència i Unió) è responsabile non solo di gravi atti di corruzione, ma anche di una dura politica di destra neoliberista difficilmente distinguibile da quella del governo centrale spagnolo. Per aggirare l’ostacolo, Mas si era detto pronto ad accettare un programma che rovesciava come un calzino quello praticato sino ad allora, vestendo i panni del progressista, cosa che ha sollevato più di una perplessità all’interno del suo stesso partito. Con che credibilità? La CUP ha preso tempo lunedì 28, nel corso di un’assemblea cui hanno partecipato circa 3000 militanti, ha posto ai voti l’alternativa: o proseguire il cammino verso l’indipendenza catalana turandosi il naso e accettando Mas come fondatore del nuovo Stato in fieri, sorvolando su corruzione e politiche neoliberiste, o sbattergli la porta in faccia. Alternativa semplice, ma con un esito incredibile: 1415 voti per l’accettazione e 1415 per il rifiuto. Panico generale. Ora la patata bollente passa alla direzione della CUP, che si riunirà il 2 gennaio. E il 10 è l’ultimo giorno utile per l’investitura del governo. Se non avverrà entro quella data, si dovranno convocare nuove elezioni.

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Scheda 1 Cos’è la CUP

La Candidatura d’Unitat Popular [Lista d’unità popolare] è un partito politico anticapitalista e pancatalano (ma nel Paese valenzano ha una presenza minima, e nelle Baleari quasi nulla) formatosi nei primi anni Ottanta, con un carattere fortemente movimentista e federativo. Costituito da collettivi di base, ha affiancato negli anni a un intenso lavoro sul “sociale” un impegno elettorale dapprima limitato esclusivamente alle elezioni municipali, con una continua crescita (attualmente conta su un po’ meno di 400 consiglieri, di cui solo un paio nel Paese valenzano]. Il passo successivo è stato quello di presentarsi alle elezioni per il Parlament de Catalunya: 3 deputati prima, 10 quest’anno. Mentre alle elezioni generali di quest’anno ha indicato l’astensione.

Appoggiata da varie associazioni e partiti (i più significativi sono Avanti-Organizzazione socialista di liberazione nazionale [Endavant-Organització Socialista d'Alliberament Nacional] e Popolo libero [Poble Lliure]), la CUP sta ora attraversando una crisi dovuta alla tensione creatasi fra indipendentismo e classismo, laddove il primo spinge a trovare comunque un accordo con le organizzazioni indipendentiste centriste (quella di Artur Mas) e di centrosinistra (ERC), in vista del “processo” che dovrebbe portare all’indipendenza, mentre il secondo assegna un valore dirimente alla piattaforma programmatica di un eventuale governo con la sua partecipazione, del quale Artur Mas non dovrebbe far parte.

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Scheda 2 Catalanismo e pancatalanismo

E difficile tracciare una linea divisoria netta fra catalanismo e pancatalanismo. Si può dire che il primo è quello che si è espresso nelle elezioni regionali, con una notevole base di massa, e che tende a una Catalogna indipendente. Il secondo, molto più ristretto come seguito, praticamente limitato ad ambienti e settori molto minoritari, aspira alla costituzione di uno Stato comprendente i cosiddetti Paesi catalani (Països Catalans). A loro volta, i Paesi catalani, individuati su basi storico-linguistiche, sono presenti in due versioni: una minima, formata da Catalogna, Comunità valenzana e isole Baleari; e una massima, che alle tre comunità precedenti aggiunge la cosiddetta Franja (una serie di comuni aragonesi, ma di lingua catalana, lungo il confine con la Catalogna), la regione francese del Rossiglione (detta Catalunya Nord), la Repubblica di Andorra e … Alghero e l’Algherese in Sardegna. In quest’ultimo caso è evidente che si tratta di sogni geopolitici irrealizzabili, ma c’è chi ci crede. Comunque sia, all’interno dell’ERC come della CUP catalanismo in senso stretto e pancatalanismo convivono, separati da una frontiera molto porosa.

 

Cristiano Dan