Latinoamerica: aggiornamenti

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Che succede in America Latina?

Aggiornamenti…

Sembra incredibile, ma in Ecuador 6 giorni dopo il referendum è stato scrutinato solo il 58,76% delle schede, avvalorando ancor più i sospetti dell’opposizione a cui accennavo nel primo commento Correa vince?. Intanto il presidente Correa continua ad accusare la “stampa corrotta”, bersaglio di uno dei quesiti più contestati (e meno votati)… Analogamente non tranquillizza che Correa ha aggiunto con tono decisionista che, “una volta completati i risultati ufficiali, l’Assemblea Nazionale avrà l’obbligo di accogliere l’ordine del popolo ecuadoriano”, dando per scontata una vittoria che comincia ad apparire piuttosto incerta, dato che lo stesso presidente dell’autorità elettorale ha riconosciuto l’esistenza di molti voti dubbi e la necessità di un nuovo conteggio, che l’opposizione vorrebbe fosse esteso a tutte le schede depositate sabato nelle urne. Correa ha anche annunciato che il rappresentante del governo per la commissione tripartita che dovrebbe rimpiazzare il Consiglio della Magistratura è stato già designato, ma che “il suo nome si conoscerà a suo tempo”. Perché?

In ogni caso preoccupa che un presidente “progressista” in cui erano state riposte molte speranze abbia presentato proposte per limitare la libertà di stampa e per privare i giudici del loro organo di autogoverno: se lo sapesse Berlusconi, ne seguirebbe volentieri l’esempio…

Anche l’importante organizzazione Acción Ecológica non è stata convinta dal referendum: si era dichiarata preoccupata per l’ottavo quesito (sull’abolizione delle corride) apparentemente in difesa della natura, ma elusivo rispetto ai veri e più scottanti problemi ambientali, e che anzi aveva una funzione mistificante analoga a quella delle belle formulazioni astratte inserite nella costituzione del 2008, e contraddette nella pratica dalla generosa concessione di acque a compagnie minerarie altamente inquinanti. Se si voleva toccare questi temi, osserva Acción Ecológica, le domande dovevano affrontare con chiarezza i temi realmente importanti per la conservazione della natura e della vita (“habrían tenido mayor claridad y fuerza si las preguntas hubieran sido sobre temas realmente importantes, en relación a la conservación, a la naturaleza y a la vida”). In sostanza bisognava affrontare direttamente il modello estrattivista, che nonostante tutte le belle invocazioni alla Pachamama, continua a prevalere riproponendo nella pratica la privatizzazione dell’acqua: ¿Queremos mantener el modelo extractivista? ¿Queremos la desprivatización del agua en todas sus formas, incluyendo aquella que se promueve con la construcción de represas para dotar de energía a las empresas mineras o a la agroindustria por sobre la soberanía alimentaria.? E la domanda finale avrebbe dovuto essere: “Vogliamo mantenere l’area del Yasuní intatta?” Una domanda che avrebbe evitato che Correa, dopo aver conquistato prestigio accettando la proposta formulata dall’allora ministro dell’Energia Alberto Acosta, annunci periodicamente una possibile rinuncia al progetto se non si trovano sufficienti sottoscrittori…

Analogamente in Venezuela, dopo più di due settimane dalla incredibile consegna del cittadino svedese di origine colombiana Joaquín Pérez Becerra al presidente Santos, Chávez non è riuscito a trovare la forza di ammettere che ha compiuto un grave errore fidandosi della parola di un uomo che prima di diventare il successore di Uribe era stato il suo ministro della Difesa, ed era responsabile di numerosi crimini. Ad esempio quello dei “falsos positivos”, termine usato in Colombia per indicare l’uccisione sistematica di giovani del tutto estranei alla guerriglia ma i cui corpi venivano rivestiti con divise delle FARC per riscuotere le taglie e vantare successi di fronte agli Stati Uniti. Eppure Chávez ha ricevuto proteste anche da diversi suoi sostenitori, oltre che da molti esponenti della sinistra latinoamericana e mondiale. Tranne che in Italia, dove se ne sono accorti in pochi, (come dei referendum in Ecuador), così si potranno continuare a fare sogni su un socialismo del XXI secolo che non c’è se non in qualche frase retorica, ignorando le contraddizioni di una realtà complessa che va difesa certo dagli attacchi e dalle calunnie dell’imperialismo, ma senza reticenze sulle sue scelte sbagliate. Ultimamente qualche attenuazione della denigrazione del giornalista consegnato a Santos c’è stata, ma aspettiamo con speranza una netta correzione di linea.

Ultima nota su Cuba: nei giorni scorsi c’è stata una certa sovraeccitazione dei media sulle riforme decise dal congresso. I soliti giornalisti disinformati a volte si esaltano per presunte “novità” come la possibilità di esercitare in proprio il mestiere di barbiere o parrucchiera per signora, che in realtà c’era di fatto da un pezzo, e che quindi non potrà avere effetti miracolosi sull’occupazione. La novità è solo una tassazione di queste attività che dovrebbe portare un po’ di denaro nelle esauste casse statali.

Si direbbe inoltre che anche i giornalisti più malevoli seguano con simpatia le “riforme” che dovrebbero consentire di escludere in modo indolore un milione di “eccedenti” dal settore pubblico, collocandoli in quello privato. Ma non si accorgono neppure che il ritmo previsto per questa operazione è stato nettamente rallentato, dopo la consultazione di massa nella fase precongressuale, come rallentata e anzi bloccata per ora è stata la cancellazione della libreta, cioè della tessera che assegna sottocosto a tutti i cittadini un minimo di generi indispensabili. Grandi commenti ha suscitato invece la notizia della possibilità di compravendita di auto e case, e quella della possibilità di viaggiare all’estero (non ancora decisa, ma “allo studio”, come il superamento del doppio mercato). Anch’io sono stato intervistato da una giornalista che considerava straordinaria la notizia, e che è rimasta interdetta quando ho fatto notare che anche chi avesse raccolto la bella somma necessaria per pagarsi il biglietto per l’Italia o l’Europa (equivalente a diversi anni di stipendio), verrebbe poi respinto alle frontiere se non in possesso dei 65 euro al giorno richiesti per essere accolti nell’UE, dato che i cubani sono extracomunitari… La mia risposta è ovviamente stata tagliata. In altri casi ho sentito perfino esaltare l’ipotesi di privatizzazioni di aziende pubbliche e persino di cooperative. Bel progresso!

Anche la possibilità di acquistare una casa o un auto è del tutto teorica, anzi impossibile per chi vive del suo solo stipendio. In pratica è riservata a chi fa mercato nero di generi alimentari o di carne umana (e già da un pezzo si vedevano magnaccia su potenti moto americane…).

Insomma la stampa borghese spera che Cuba diventi un paese “normale”, cioè capitalista. Sostenere chi a Cuba si oppone alle aperture di stampo “cinese” al “mercato”, è quindi un nostro dovere, e aiuta a resistere alle pressioni esterne e interne per mettere fine all’anomalia di una rivoluzione originale che ancora può insegnare molto ai paesi vicini. Non mi pronuncio invece sull’ultimo caso della morte di Juan Wilfredo Soto, denunciato da  Guillermo Fariňas, perché gli elementi disponibili per valutare l’accaduto sono scarsi. Le autorità dicono che non c’è un nesso tra le percosse inflitte al dissidente e la morte avvenuta tre giorni dopo il ricovero in ospedale per una pancreatite acuta, dato che era di salute cagionevole. Ma era necessario percuoterlo? La figlia ventenne di Soto comunque non ha presentato denuncia, anche se gli amici del padre dicono che lo ha fatto per timore di perdere il posto perché appena assunta in una struttura sanitaria (o per sfiducia nella giustizia?).

È comprensibile che Fariňas consideri questa morte la conseguenza dell’ammonimento rivolto da Raúl Castro al congresso: non permetteremo all’opposizione di occupare le piazze! E che la colleghi alle simpatie malcelate del regime per Gheddafi, Assad e altri “progressisti” che “si difendono” da chi scende in strada…

Aspettiamo le concretizzazioni pratiche delle decisioni del congresso per valutarne meglio la portata. Ma intanto il riaffiorare di un atteggiamento di intolleranza verso le modestissime opposizioni può fare molti danni nel continente, influenzando i presidenti amici, già condizionati all’interno da eserciti e polizie non rinnovati neanche parzialmente, e da un settore capitalistico addirittura in crescita, ma soprattutto sempre più tentati da soluzioni “caudilliste” nell’illusione di poter dominare le contraddizioni con soluzioni autoritarie. Le sorti di Cuba, del Venezuela, dell’America Latina, sono più che mai legate tra loro. (a.m. 13/5/11)