Notizie ferragostane

A ferragosto le redazioni sono svuotate, e le “grandi notizie” (come i presunti umori di B. o della “pitonessa”, o se in Egitto c’è o no una guerra civile) sono ridicolmente ripetitive. Se prendi per errore dalla scrivania un numero di qualche giorno prima, non ti accorgi subito che è vecchio. Ecco perché una vicenda operaia ha trovato spazio anche su giornali non sempre attenti alle lotte operaie. Ma è stata trasformata in fatto di cronaca, straordinario ed eccezionale: la “sorpresa di Ferragosto”.

La vicenda è semplice, un padrone (naturalmente non dicono così, ma “imprenditore”, “industriale” o senza timore di ridicolo “datore di lavoro”) mette in ferie gli operai alla vigilia di ferragosto e fa loro gli auguri. Le ferie, naturalmente, le decide lui, non gli operai ma a questo non fa caso nessuno, e poi, si sa, il proprietario ha dei diritti storici, la FIREM “appartiene” alla famiglia Pedroni di Formigine (Modena) da ben tre generazioni…

Alla sera del 13 agosto, gli operai si sono accorti che le ferie forzate servivano solo ad allontanarli per svuotare lo stabilimento. E se ne sono accorti solo quando era rimasto poco o niente: il grosso era già partito per la Polonia. Inaudito, dicono i sindacalisti, non era mai successo…

Buffoni! Di casi del genere ce ne sono stati tanti, sempre con la stessa tecnica, basata sulla menzogna padronale creduta dagli operai in cui è stata inculcato negli ultimi decenni lo spirito di collaborazione e la cancellazione della coscienza di classe. Di uno di questi episodi, avvenuto a Montefano nelle Marche durante il ponte di novembre del 2011 (anche allora durante ferie forzate decise dal padrone) avevo parlato ampiamente, dapprima a caldo e poi in diverse altre occasioni: La vicenda esemplare della BEST

In un articolo impegnativo sulle Nazionalizzazioni ne avevo fatto un anno dopo un triste bilancio, di cui riporto uno stralcio:

“in ogni provincia ci sono decine o centinaia di casi. Io ad esempio ho seguito un anno fa il caso della BEST di Montefano, in provincia di Macerata, di proprietà di un gruppo statunitense, Nortek: durante il ponte dei primi di novembre del 2011 gli operai erano stati messi in ferie (obbligate e non richieste), per poter effettuare con calma lo svuotamento della fabbrica con operai portati da una filiale polacca per riempire rapidamente i Tir con macchinari e prodotti finiti. Il presidio esterno (ormai quasi inutile, perfino alla pubblicizzazione del caso, dato che lo stabilimento svuotato si trovava in campagna su una strada poco trafficata) si è protratto per mesi, nel gelo, stemperato malamente da qualche stufetta sotto i gazebo. Ma la proposta di entrare nello stabilimento vuoto per scaldarsi meglio, è stato respinta con sdegno: “i padroni hanno rubato le macchine, noi però non possiamo rispondere con una illegalità occupando la fabbrica, che non è nostra”… Penoso epilogo: mentre gli operai gelavano e restavano a vedere la passerella di assessori e consiglieri regionali, provinciali e comunali che venivano a esprimere a parole la loro solidarietà, si era tentata la saldatura con un altro stabilimento BEST, a Cerreto d’Esi, nella limitrofa provincia di Ancona, senza ottenere più che uno sciopero simbolico e una sottoscrizione. Oggi la stessa multinazionale Nortek, ha annunciato che chiuderà anche questo stabilimento. Indisturbata, come sempre.

E a proposito di controllo, come mai ti rompono le scatole aprendoti il bagagliaio dell’auto alla frontiera, ma non si domandano perché e a che titolo una serie di TIR carichi di macchinari viaggiavano verso la Polonia? Questo dà l’idea dell’enorme ritardo nella coscienza di classe e impone dei compiti di elementare alfabetizzazione su questo terreno. Difficile, perché spesso manca la coscienza di classe perfino nel rapporto col singolo padrone, figuriamoci nei confronti dell’intero sistema capitalistico e dello Stato borghese.”

Ma se gli operai erano stati dis/educati e convinti a rispettare la santa proprietà privata, neanche uno dei politici di centrosinistra che venivano a promettere qualche ammortizzatore sociale come “tranquillante” ha minimamente preso in considerazione di tentare di accertare le condizioni in cui era avvenuto il furto delle macchine e che responsabilità e complicità dell'apparato statale c’erano state…

Torniamo però a questo caso ferragostano della FIREM, partendo dall’ultima domanda: come è possibile che lo spostamento di macchinari di notevoli dimensioni non viene controllato e registrato alla frontiera, mentre ti fermano se hai qualche pacchetto di sigarette in più, o due bottiglie di Slivovica che ti sequestrano? Cecità momentanea dei finanzieri, o ordinaria genuflessione di fronte a “Lorsignori” e ai loro rappresentanti? Ecco perché ripeto sempre che è impossibile ogni lotta all’evasione affidata agli organi di uno Stato capitalista. I finanzieri non vedono e non sentono, ma nessuno gli chiede conto di niente…

Poi un’altra considerazione: è scandaloso che i sindacalisti dicano che “non se l’aspettavano” perché queste cose non sarebbero mai successe prima, mentre di spostamenti all’estero – magari non totali e con modalità diverse – di macchinari comprati con generosi contributi dello Stato italiano o della CE, io stesso ne ho conosciuti tanti nella mia vita di militante. Come fa Cesare Pizzolla, segretario provinciale della FIOM di Modena, a sostenere che non c’erano segnali d’allarme, se non erano stati ancora pagati i salari di luglio? È tanto normale far lavorare senza pagare, anche nella ricca Emilia Romagna?

E a questo proposito vorrei segnalare che mentre si lasciava smantellare un’intera fabbrica, in nome dell’ordine e della santità della proprietà privata, si mobilitavano poliziotti, vigili e mercenari della sicurezza privata per sgomberare uno spazio recuperato al Quartiere San Lorenzo. Avevo espresso subito la mia solidarietà ai compagni, che conosco bene, di “Omnia sunt Communia” (Solidarietà con Communia sgomberato ), tanto più scoprendo che erano stati portati in quel Commissariato di PS Verano-San Lorenzo, in cui negli anni Sessanta avevo ricevuto le prime “lezioni” sulla natura di classe dello Stato e sulla sua allergia al riconoscimento dei diritti costituzionali), e avevo segnalato sul sito l’articolo di Checchino Antonini, http://popoff.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=84179&typeb=0 , ma anche su questo caso mi pare che si imponga una riflessione eggiuntiva: perfino per difendere i “diritti” dei proprietari delle ex Fonderie Bastianelli non si esita a scatenare il teppismo distruttivo delle guardie private, che durante e dopo lo sgombero hanno reso inagibili bagni e cucine. Un bell’esempio della natura distruttiva del capitalismo e della subordinazione ad esso dell’apparato statale, che in nome dell’ordine non esita a provocare il massimo disordine. Come avviene ogni giorno in Val di Susa, occupata militarmente contro ogni logica e senza badare a spese (basta pagare un nugolo di pennivendoli che ogni giorno ripetono le stesse menzogne senza pudore).

I compiti che hanno di fronte i rivoluzionari sono difficili, ma è impossibile rinunciare alla lotta: la barbarie è appena cominciata.

(a.m. 17/8/13)