Società incivile

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Società incivile

Sono sempre più frequenti i personaggi che pretendono di “rappresentare la società civile”. Avevano cominciato diversi intellettuali ai margini del PD e del centrosinistra, ma ora è diventato di moda soprattutto tra gli industriali. Aveva cominciato Luca Cordero di Montezemolo, ma hanno continuato in tanti, di cui parecchi proprio indecenti. Ad esempio Emma Marcegaglia, le cui fabbriche sono in testa alle classifiche degli incidenti mortali sul lavoro, ma che spiega sempre ai sindacati e al governo cosa dovrebbero fare. Non agli industriali, che tanto fanno quello che vogliono, e che comunque sono sempre più tentati di risparmiare la quota di iscrizione a Confindustria. Ha cominciato Marchionne, con annessi e connessi (salvo lasciare per ora in eredità John Elkann nella presidenza), seguito dalle cartiere Pigna, e probabilmente ne vedremo altri. Tanto l’associazione degli industriali, in questo periodo, non offre molto.

A proposito di Marchionne, va detto che può fare quello che gli pare anche senza l’appoggio della Confindustria, perché ha quello incondizionato del governo, e quello canino dei sindacati cosiddetti “moderati”, che in realtà sono specializzati nell’azzannare la CGIL ogni volta che la Camusso dice una mezza parola di sinistra. L’arroganza di Marchionne però è legata alla certezza che anche se cambiasse il governo, potrebbe contare sulla deferenza di qualsiasi nuovo governo, c’è una lunga tradizione in Italia. E ha meglio da fare che candidarsi a salvatore del paese. Per esempio chiudere Termini Imerese, la Irisbus, e rinviare gli investimenti promessi, sperando di conquistare qualche altra quota di Chrysler…

Marchionne è arrivato alla testa della FIAT solo pochi anni fa, dopo che questa per un secolo aveva beneficiato di aiuti a fondo perduto, detassazioni mirate, commesse militari favolose e determinanti per il successo dell’azienda su qualsiasi concorrente. Bisognerebbe che qualcuno avesse il coraggio di dirgli, ogni volta che minaccia di spostare la FIAT altrove: vattene tu, non la FIAT, che è nostra, è stata costruita con le braccia e i cervelli di lavoratori italiani, e tanti soldi dello Stato, cioè dei lavoratori, gli unici che pagano le tasse nel nostro paese (en passant, per non pagarle, Marchionne ha la residenza nominale in Svizzera…). La FIAT ha avuto dallo Stato tutto quello che voleva, nell’epoca giolittiana, in quella fascista, e nell’Italia repubblicana.

Marchionne dà sempre la colpa dei suoi guai ai lavoratori che non lavorerebbero abbastanza e allo Stato, per l’appoggio secondo lui insufficiente, ma piuttosto dovrebbe pensare a superare la continua flessione nelle vendite. E domandarsi se tra i suoi problemi non ci sono anche i suoi modi arroganti, che hanno già provocato una bella tensione con i potenti sindacati della Chrysler…

L’ultimo industriale che si è candidato a rappresentare la “società civile” è Diego della Valle. Non si sa bene cosa volesse ottenere, oltre alla pubblicità indiretta alle sue scarpe, con quella costosa pagina a pagamento su Corriere, Repubblica e altri quotidiani. Né si è capito meglio quando è andato a farsi sbeffeggiare da Crozza a Ballarò (ma si è rifatto poi maramaldeggiando su Bondi). Proposte zero, a parte un po’ di chiacchiere da bar, sui buoni che devono farsi avanti e gli incapaci che devono farsi da parte…

Della Valle non ha avuto nemmeno il coraggio della Marcegaglia, che ha detto brutalmente al governo che occorrono “misure impopolari” (ma la Camusso ha fatto finta di non sentire). La presidente di Confindustria ha spiegato a Marchionne che non ha capito bene il senso dell’accordo del 21 settembre,che ribadisce e completa quello del 28 giugno e quindi, lungi dall’indebolire o minare la portata dell’articolo 8, lo rafforza. Anche Sacconi lo ha ribadito: “L’accordo del 21 settembre non ha depotenziato né sterilizzato, né poteva farlo, la norma di legge” (cioè l’art. 8). (La Camusso e la CGIL ingoiano, come al solito).

D’altra parte non occorrevano specifiche dichiarazioni, dato che la Confindustria ha presentato il suo manifesto programmatico che chiede ulteriori interventi sulle pensioni, privatizzazioni e liberalizzazioni, infrastrutture (cioè via libera ai grandi lavori…) e una riforma fiscale che dovrebbe abbassare le tasse sulle imprese e anche un po’ sui lavoratori, in modo di arrotondarne i miseri salari. Bella novità!

En passant, Della Valle mentre lamenta l’inadeguatezza dei politici, insieme a Cordero di Montezemolo si è fatto finanziare dal governo un “progetto di formazione” per i macchinisti della NTV, la loro compagnia ferroviaria privata (negli utili) ma a carico dello Stato (per le spese). Vecchia abitudine del capitalismo italiano, per tutti i 150 anni… Aveva cominciato l’armatore Rubattino, quello che prestò (facendoseli poi pagare a caro prezzo) i due piroscafi per l’impresa dei Mille, e che dopo l’apertura del canale di Suez acquistò la baia di Assab per 4.000 talleri da un capetto locale, per poi rivenderla  nel 1882 all’Italia, a un prezzo quattro volte superiore a quello pagato. Sulla FIAT e il suo succhiar denaro allo Stato, rinvio al mio libro, oggi sul sito, Cento…e uno anni di FIAT

Ma torniamo a questi esuberanti industriali di oggi: perché trovano tanto spazio sui telegiornali e sulle prime pagine queste proposte in definitiva vecchie e banali, e questi proclami inconsistenti? Semplicemente perché c’è un vuoto terribile di dibattito politico: i due schieramenti principali si confrontano sul nulla o sul gossip, e al loro interno al massimo propongono (o rifiutano) il metodo delle primarie sui nomi, senza aprire la minima discussione sui programmi, che ci sono ma non si discutono in pubblico. È per questo che la non improbabile fine di Berlusconi e la difficoltà che i suoi più fedeli e scodinzolanti ministri riescano a proporsi credibilmente per la successione, può incoraggiare qualche figura nota ai media, e ben dotata di risorse, a ripetere l’impresa di “scendere in campo”… La formula, governo “tecnico” o di grande coalizione, non importa, si vedrà dopo… Certo che una volta uscito di scena Berlusconi, nessuno darebbe un centesimo ad esempio ad Alfano, il tronfio e inconsistente personaggio che si è prestato, senza la minima cultura giuridica, a fare il ministro della Giustizia, e ora si crede segretario di un partito inesistente. Ma tutti i dirigenti del PDL sono delle tali mediocrità (e lo sanno), che sarebbe difficile a ciascuno di loro di accettare sopra di sé uno dei pari grado…

La sinistra non rappresentata è ridotta ai minimi termini, ma esiste. Casomai è afona. Mugugna, ma non ha il coraggio di fare ogni giorno campagna sulle cose con cui tutti – tranne i grandi partiti – si confrontano ogni giorno: disoccupazione, precariato, tagli dei servizi, attacchi alle pensioni, aumento dei prezzi, prevedibilmente in via di peggioramento per pagare i debiti delle banche greche, nostre e tedesche… Una campagna semplicissima, con armi sempre efficaci, anche se abbandonate: il volantino e la voce.

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Postilla: Il titolo “Società incivile” mi era venuto spontaneo, pensando all’ipocrisia della Marcegaglia o di Della Valle, ma mi ha suggerito poi anche un’altra considerazione più generale sul nostro paese: periodicamente un gran numero di italiani abboccano alle “armi di distrazione di massa”, che propongono incessantemente il dilemma “colpevole o innocente” a proposito di qualche delitto clamoroso, da Cogne a Perugia a Avetrana. Naturalmente non ho seguito minimamente queste discussioni, ma non ho potuto ignorare la barbarie di chi passando davanti a un Tribunale urla la sua voglia di condanna anche senza prove certe. Ad Avetrana paesani e turisti alla ricerca di emozioni chiedevano alternativamente la morte per lo zio, o la cugina, o la zia, davanti alla casa del delitto… bastava qualche notizia suggerita dai telegiornali, per far pronunciare giudizi sommari e inappellabili.

Sul processo di Perugia si è inserito anche lo sciacallaggio della destra, che ha utilizzato la correzione del giudizio per screditare in blocco l’operato della magistratura. Io, anche per esperienze personali, non ho mai avuto troppa fiducia nel lavoro dei giudici, ma so che a volte possono correggere un errore. Figuriamoci se come accade ora hanno pochi mezzi e devono basarsi su investigatori arruffoni, che magari toccano i reperti con i guanti usati altrove, e sono pressati dall’opinione pubblica per trovare un colpevole. O dal Dipartimento di Stato in senso opposto… Ma penso che sia un indice di barbarie la presunzione di quelli che, senza aver letto le decine di migliaia di pagine di un processo, e basandosi su quel che è stato suggerito dai giornali, non hanno dubbi e condannano o assolvono. Io, i miei dubbi me li tengo.

Ma ricordo che questo non è un fenomeno solo di oggi: Antonio Gramsci il 18 marzo 1918 scriveva:

«Modernità: l’assassinio non commuove, la morte di un uomo non commuove. L’assassinio è solo motivo di curiosità. La conoscenza ha ucciso il sentimento, l’intelletto ha strozzato il cuore. La conoscenza e l’intelletto sotto forma di pettegolezzo, di morbosa necessità di essere informati dei minimi particolari del fattaccio. I giornali speculano sulla curiosità: aspetto eminentemente moderno della speculazione».

Ripeto: Antonio Gramsci, 18 marzo 1918. Quasi cento anni fa! Quante cose aveva capito dell’Italia, dimenticate poi nell’orgia di “nuovismo” che ha travolto la sinistra facendola sprofondare nel vuoto!

(a.m. 6/10/11)