UCRAINA / Elezioni per pochi eletti

 

Le elezioni parlamentari in Ucraina da una parte premiano il “partito della guerra” e dall’altra sanciscono nuovamente lo strapotere del sistema oligarchico. La bassa partecipazione è un chiaro messaggio di sfiducia al ceto politico ucraino, incapace di guadagnarsi un’autentica legittimità popolare. Le politiche neoliberali già avviate da Yanukovich proseguiranno con tempi più rapidi, mentre aumenta il rischio che si intensifichi il nazionalismo di natura autoritaria.

 

[Affrontiamo il tema delle elezioni in Ucraina con due materiali: un nostro commento sugli esiti del voto e un pezzo di Vitaliy Dudin del gruppo ucraino Opposizione di Sinistra scritto qualche giorno prima delle elezioni stesse, ma in massima parte ancora valido oggi]

 

Dopo il voto: un quadro inquietante
commento di Andrea Ferrario

 

Le proiezioni pubblicate prima delle elezioni parlamentari svoltesi in Ucraina il 26 ottobre si sono rivelate ampiamente imprecise. Il quadro che tracciavano era già molto scoraggiante, ma le numerose sorprese emerse dopo il voto rendono il quadro complessivo ancora più inquietante.

Il Blocco Petro Poroshenko si è presentato al voto integrando nelle sue liste numerosi personaggi del passato legati al sistema oligarchico. D’altronde, lo stesso partito è guidato da un oligarca che è divenuto presidente dopo avere in passato collaborato disinvoltamente sia con le forze “arancioni” sia con il regime di Yanukovich. Poroshenko inoltre ha basato la sua ascesa, oltre che sul suo patrimonio e sui legami con i potentati ucraini, anche sulla sciagurata guerra di quest’estate. Tuttavia, nel contesto di questa tornata elettorale il voto per il suo partito rappresentava un voto moderato, visto che il presidente si è chiaramente pronunciato a favore di una tregua nel Donbass e contro nuove azioni di guerra dopo la sconfitta militare subita ad agosto. Il fatto che abbia ottenuto una percentuale di gran lunga inferiore al previsto, e che probabilmente non riuscirà nemmeno a ottenere la palma di “primo in classifica”, è il sintomo del fatto che in questo momento nemmeno posizioni anche solo vagamente moderate come le sue hanno spazio sufficiente. Alla luce di questo risulta particolarmente preoccupante il successo inaspettato ottenuto dal Fronte Popolare del premier Yatsenyuk e del ministro degli interni Arsen Avakov, che ha superato, seppure di poco, il partito di Poroshenko. Il Fronte Popolare è stato giustamente definito da molti il “partito della guerra”. Il mix che ha offerto agli elettori è micidiale: un nazionalismo revanscista che promette nuove guerre, un ultraliberismo che promette una vera e propria guerra economica interna contro la popolazione e un’integrazione al suo interno di leader neonazisti e/o autoritari dei “battaglioni privati” che promette una guerra contro le libertà democratiche. Inoltre, come tutti gli altri partiti, anche il Fronte Popolare ha forti collegamenti con il sistema oligarchico, in particolare con Igor Kolomoyskiy, oligarca-governatore di Dnepropetrovsk, sistema senza il sostegno del quale questa forza politica formata solo quest’estate da una dozzina di fuoriusciti da Batkivshchina (il partito di Timoshenko) non sarebbe sicuramente riuscita a ottenere il successo che ha ottenuto. La vittoria che il Fronte ha ottenuto è sicuramente un pessimo sintomo dell’atmosfera politica che regna nel paese.

E’ una pessima notizia anche il risultato inaspettatamente buono ottenuto dal Blocco di Opposizione guidato da Yuriy Boyko. Il partito, creato solo all’ultimo momento e che i sondaggi davano all’1-2%, è arrivato a ottenere circa il 10% a livello nazionale, toccando il 30% nelle zone del Donbass in cui il voto si è potuto svolgere, il 26% a Kharkov e il 16% a Odessa. Basato sulle schegge di quanto all’est è rimasto del Partito delle Regioni di Yanukovich, questo partito è un partito a “totale contenuto oligarchico” ed è diretta espressione di due magnati dell’era passata come Dmitro Firtash e Rinat Akhmetov, anche se quest’ultimo cerca di tenersi il più possibile nell’ombra. Se, come è quasi sicuro, nelle elezioni-farsa che si terranno nelle “repubbliche popolari” di Donetsk e Lugansk risulterà vincitore il gruppo guidato da Aleksandr Zakharchenko, leader dell’organizzazione squadrista Oplot strettamente legata all’oligarcato dell’era Yanukovich, si avrà una situazione in cui su entrambi i lati della linea di divisione tra forze governative e separatisti il sistema oligarchico continua a essere dominante.

A prima vista potrebbe sembrare ampiamente positiva la débacle subita dall’estrema destra, comunque da salutare con favore. I populisti di destra del Partito Radicale di Lyashko, che aveva anch’esso dato spazio a neonazisti nelle proprie liste, ha ottenuto un risultato di gran lunga inferiore alle attese, attestandosi intorno al 7%. Ha pesato di sicuro sul suo insuccesso la furiosa lite estiva con il suo protettore, il già citato oligarca Kolomoyskiy, che lo ha abbandonato a metà strada prima del voto: il suo insuccesso quindi paradossalmente non è altro che una conferma dello strapotere che il sistema oligarchico continua a esercitare in Ucraina. Svoboda sembra essersi fermata al di sotto della soglia del 5% (ma bisogna attendere i risultati definitivi) e il Pravy Sektor ha ottenuto circa il 2%. Si tratta però di dati relativi alle elezioni svoltesi per la metà dei seggi in base al sistema proporzionale. L’altra metà verrà assegnata in base a elezioni maggioritarie e qui i primi dati dicono che alcuni membri delle forze neofasciste, tra gli altri Dmitro Yarosh e Andriy Bileckiy, sono stati eletti con un’ampia maggioranza dei voti nei rispettivi collegi ed entreranno quindi in parlamento, dopo avere già conquistato un ruolo di primo piano nelle forze armate ucraine.

In mezzo a questo panorama deprimente il successo imprevisto ottenuto da un partito liberale moderato estraneo al sistema oligarchico come il Samopomich del sindaco di Lviv, Andriy Sadoviy, potrebbe apparire come un segno se non positivo, almeno in controtendenza. Ma non va dimenticato che anche lui ha candidato leader dei “battaglioni privati” e che probabilmente è stato questo uno dei principali motivi dell’insperato risultato ottenuto. Sicuramente positiva è invece la sconfitta subita da Batkivshchina, il partito di Timoshenko, che è riuscito a malapena a superare la soglia del 5%, e quella del Partito Comunista, attestatosi su una percentuale inferiore al 4%. Quest’ultimo si presentava come partito “di sinistra”, ma in realtà ha avuto un ruolo fondamentale nella rapina condotta nei confronti della popolazione con le privatizzazioni ed è una forza di natura profondamente reazionaria. La sua scomparsa dal parlamento è un risultato che si è ampiamente meritato e toglie di mezzo un equivoco sulla supposta presenza di una forza di sinistra tra i seggi dell’opposizione.

Rimangono infine da citare i dati sull’affluenza, che è stata molto bassa, pari a circa il 52%. Trattandosi delle prime elezioni del dopo-Maidan e del dopo-Yanukovich c’erano ampi motivi per una larga partecipazione degli ucraini al voto. La bassa influenza va quindi letta come un chiaro voto di sfiducia rispetto al ceto politico nel suo complesso e, di conseguenza, di quello oligarchico con il quale è in simbiosi. Alla luce di questo dato risulta che nessuna delle forze politiche è riuscita a spingere più del 10-11% degli ucraini a prendere una decisione tutto sommato facile come quella di andare al seggio. La mancanza di legittimità politica del nuovo parlamento è quindi molto forte. E’ da tenere infine presente anche l’affluenza nelle regioni del sud-est, che è stata bassissima in particolare nelle zone del Donbass in cui si è votato, appena il 32%: se, come abbiamo già notato, all’est i separatisti non godono di un sostegno attivo di massa, lo stesso vale anche per il governo di Kiev, che alla luce di questa percentuale non gode nemmeno di un sostegno passivo. Anche le percentuali registrate in altre regioni del sud-est come quelle di Kharkov e Odessa, inferiori al 50%, sono un segno che va in questa direzione.

28 OTTOBRE 2014

 

— — — 
Elezioni per pochi “eletti”

 

di Vitaliy Dudin, da “Otkritaya Levaya”, 22 ottobre 2014

 

E’ difficile credere che le imminenti elezioni potranno cambiare i destini dell’Ucraina o anche solo la posizione delle diverse forze politiche. Queste ultime formalmente sono a favore della realizzazione delle richieste di Maidan, ma in realtà non fanno altro che conservare il sistema oligarchico. Gli elettori dell’Est del paese con ogni probabilità non saranno rappresentati nel nuovo parlamento, anche se ciò dipende in ultimo dalle autorità delle autoproclamate “repubbliche popolari”. Le regole della competizione elettorale danno una chance di vittoria solo a pochi “eletti”, cioè i capitalisti e le loro marionette.

La maggioranza sociale non verrà rappresentata in parlamento. Quello che promettono in sostanza le forze principali dell’Ucraina post-Maidan come il Blocco Petro Poroshenko, il Partito Radicale di Oleg Lyashko, Batkivshchina e Samopomich è solo la messa in atto con tempistiche più rapide del programma di Viktor Yanukovich. I liberali accusano le autorità di ostacolare le riforme, sebbene i problemi principali siano legati proprio alle riforme liberali: calo del corso della hrivna, taglio dei sussidi, aumento delle tariffe. Sotto Yanukovich le riforme di mercato hanno consentito una consolidazione del potere e adesso a insistere per la loro applicazione è il Fondo Monetario Internazionale. L’alto grado di nazionalismo proseguirà non solo come reazione all’aggressione da parte della Russia, ma anche con l’obiettivo di distogliere l’attenzione dal calo dello standard di vita. L’impossibilità di proporre un futuro dignitoso costringe i politici a presentare ogni nuova iniziativa come una lotta contro il passato sovietico. La presenza in parlamento di estremisti di destra lascia pensare che ci saranno pesanti attacchi contro i diritti civili (censura, limitazioni alla libertà di manifestare pacificamente o al diritto all’aborto). Non vi è certo motivo di credere che l’Ue contrasterà tali iniziative, che sotto molti aspetti assomigliano a quelle di Putin.

Le elezioni diventeranno un’ennesima occasione per legittimare l’estrema destra, anche se il loro futuro operato in parlamento le potrebbe in ultimo discreditare. E’ possibile che in parlamento entrino rappresentanti di Svoboda e del Pravy Sektor che si dichiarano a favore del nazionalismo ucraino e collaborano con soggetti dalle posizioni apertamente neonaziste. Tra i possibili futuri deputati ci sono Igor Moseychuk, leader della Assemblea Social-Nazionale (lista del Partito Radicale) e Andriy Bileckiy, comandante del battaglione Azov (che si presenterà nelle circoscrizioni monomandatarie con il sostegno del Fronte Popolare di Yatsenyuk e Avakov). Va osservato che il principale concorrente di Bileckiy nel collegio in cui si è candidato è l’oligarca Vadim Stolar, il quale si astiene dal criticare apertamente la retorica xenofoba del proprio concorrente. Ci troviamo di fronte più che altro a una gara basata sulla corruzione e l’abuso dei poteri amministrativi. L’oligarca ha speso milioni di dollari per progetti edili nel distretto, mentre il comandante del battaglione Azov gode del sostegno del Ministero degli interni, presentandosi agli elettori con servizi fotografici militaristi. Non vi è da meravigliarsene, perché nelle condizioni di una delusione per la politica “tradizionale” gli show nazional-populisti sono in grado di fare presa sugli elettori.

Ci sono anche tentativi di utilizzare una retorica dai toni sociali per fini del tutto contingenti. Per esempio, Oleg Lyashko non fa che ripetere slogan contro gli oligarchi dopo essere entrato in conflitto con l’oligarca Igor Kolomoyskiy (e questo nonostante Lyashko sia finanziato dall’oligarca Sergey Levochkin). Anche il partito Svoboda cerca di porre rimedio al rischio di rimanere fuori dal parlamento pronunciando praticamente per la prima volta degli slogan a contenuto sociale. Agli occhi degli elettori rimane però un partito sempre pronto a dichiarazione provocatorie, ma non sufficientemente pronto ad azioni radicali. E’ emerso anche un “Blocco delle Forze di Sinistra” finanziato dal grande capitalista Nikolay Rudkovskiy e che punta a raccogliere l’eredità del Partito Socialista. Tra i suoi leader ci sono personaggi noti al grande pubblico, ma nemmeno un attivista sindacale. Purtroppo però le forze effettivamente di sinistra non sono pronte a proporre una propria alternativa a queste elezioni, un fatto che comunque è dovuto anche alla loro scarsa influenza nella società. Tuttavia dire che queste elezioni si svolgeranno completamente senza rappresentanti della sinistra e del mondo sindacale non è esatto, ci sono svariati esponenti di sinistra, democratici o sindacali che si sono candidati individualmente a livello regionale […]. Hanno preso individualmente la decisione di candidarsi, e non in conseguenza di accordi tra le forze di sinistra e gli attivisti sindacali, ma si può sperare che, nel caso in cui dovessero vincere, non tradiranno le proprie promesse. C’è anche la speranza che quando la gente si renderà conto dell’assoluta inutilità di strumenti come la “lustrazione” e si dovrà scontrare con i problemi di natura sociale conseguenti alle politiche neoliberali, l’interesse per le idee di sinistra andrà crescendo. E’ necessario pertanto un soggetto in grado di indirizzare l’insoddisfazione verso una lotta per il potere dei lavoratori.

Il 19 ottobre a Krivoy Rog si è svolta una riunione del comitato promotore del Partito per la Rivoluzione Sociale alla quale hanno partecipato militanti di sinistra e sindacali che puntano a dare vita a un partito di sinistra. Tra le altre cose i partecipanti hanno invitato gli elettori a non prendere parte a queste elezioni. Il partito dovrebbe nascere sulla base della già esistente Ucraina Socialista, dopo lo svolgimento di un voto interno per eleggere una nuova dirigenza e dopo l’approvazione di un nuovo statuto. Naturalmente sarà necessario in parallelo lottare per ottenere regole di voto eque, contro una “democrazia elitaria”. Le masse si sono a tale punto allontanate dalla politica che per coinvolgerle nuovamente sono necessari passi decisi: cancellazione dei diritti elettorali per i milionari, abbassamento della soglia minima di voti all’1%, annullamento della norma che prevede l’obbligo di versare un’ingente somma per potersi candidare alle elezioni, possibilità di revocare il mandato dei deputati che hanno tradito gli interessi degli eletto.