Eserciti inutili e dannosi

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A che servono gli eserciti

Notizie allarmanti dall’Egitto e dalla Tunisia: in entrambi i paesi un intervento della polizia e dell’esercito è stato preparato dall’azione di teppisti armati, come quelli che in un momento cruciale della rivolta avevano fatto irruzione in piazza Tahrir montati su dromedari e cavalli. L’esercito rappresenta l’unica speranza dei ceti dirigenti che vorrebbero cancellare ogni traccia della rivoluzione.

La situazione più grave è quella dell’Egitto, in cui per la terza volta gruppi estremisti salafiti hanno tentato di provocare scontri religiosi con aggressioni a luoghi di culto della consistente minoranza cristiana copta, provocando la prevedibile reazione degli aggrediti, che sono scesi in strada, trovandosi di fronte però un durissimo intervento di polizia e dello stesso esercito, che ha utilizzato mezzi blindati. Era una trappola.

In Tunisia sono stati gruppi estremisti islamici ultraminoritari (al massimo 300 persone) a provocare scontri cruenti attaccando una tv che trasmetteva un film sgradito, Persepolis di Marjane Satrapi: ma il vero obiettivo era ottenere che l’esercito intervenisse per “riportare l’ordine”.

I protagonisti delle rivoluzioni che hanno spazzato via Ben Ali e Mubaraq erano stati contenti nella prima fase quando avevano visto una parte dell’esercito schierarsi con loro fermando il massacro, ma hanno pagato cara la loro fiducia iniziale: gli alti ufficiali, formatisi nei regimi precedenti, e addestrati negli Stati Uniti e in diversi paesi europei, hanno accaparrato per sé tutto il potere e lavorano per restaurare il regime crollato.

In Egitto la maggior parte del movimento islamico ha rifiutato e denunciato la provocazione, e si sono visti di nuovo cortei misti con le bandiere in cui erano intrecciate una falce e una croce. Ma il pericolo è enorme e la determinazione con cui sono stati scagliati i blindati sui manifestanti, provocando le prime vittime, rivela un disegno preordinato, non un eccesso di reazione a una protesta. Tuttavia la risposta comprensibile di una parte dei giovani copti, che hanno attaccato i blindati con le molotov e ne hanno catturati alcuni, può provocare un compattamento dell’esercito intorno al regime “provvisorio” di Essam Sharaf, primo ministro ad interim, e del maresciallo Hussein Tantawi, capo del Consiglio supremo delle forze armate e per decenni collaboratore di Mubaraq.

La domanda che viene spontanea è: a che serve l’esercito in paesi come la Tunisia o l’Egitto? Chi li minaccia? Eppure l’Egitto riceve dagli Stati Uniti molti miliardi di dollari per mantenere un esercito poderoso, anche se ogni volta che è stato usato in un conflitto, nel 1948, nel 1967, e anche nel 1973, ha fatto una figura penosa. L’Egitto è il primo “cliente” per le forniture militari USA, naturalmente dopo Israele.

In Tunisia l’esercito è stato usato solo all’interno, come nella maggior parte dei paesi che pure spendono somme enormi per acquistare, anche dall’Italia, armi moderne e terribili… E l’esercito è un vero e proprio corpo estraneo, con interessi contrapposti a quelli della stragrande maggioranza della popolazione, come le grandi banche finanziarie.

In un testo recentemente inserito sul sito, Debiti illegittimi, François Chesnais si domandava: abbiamo bisogno delle banche? In questi giorni si conferma la validità delle sue osservazioni: ad esempio la banca franco-belga Dexia, già salvata generosamente nel 2008, è di nuovo sull’orlo del tracollo, e riceverà un’enorme iniezione di molti miliardi di euro. Tutto il “salvataggio della Grecia” è in realtà il salvataggio delle banche tedesche e francesi che hanno concesso prestiti iugulatori, oggi inesigibili, a quel paese. Ma se non abbiamo bisogno di queste banche usuraie, a maggior ragione possiamo domandarci: abbiamo bisogno di eserciti?

E parliamo anche dell’Italia… Da noi, da Bava Beccaris in poi, sono stati rari i casi in cui l’esercito è stato usato direttamente per la repressione: ma comunque ci sono stati, ad esempio nei primi giorni del governo Badoglio. Più spesso l’esercito è stato mobilitato per lasciare campo libero alla polizia e ai vari corpi repressivi. Il primo di questi è stato il reparto Celere, organizzato da Mario Scelba: oltre a manganellare, a volte distruggeva, passandoci sopra con i camion, le biciclette dei braccianti in sciopero.

Poi questi corpi si sono moltiplicati: non solo i Carabinieri, ma anche la Finanza e altre armi si sono dotati di reparti speciali. Quando vedo finanzieri in assetto “antisommossa” usati per stroncare una pacifica manifestazione di studenti o di lavoratori, mi domando sempre: e intanto chi va invece a controllare gli evasori, o il lavoro nero che dilaga non solo nel sud?

Per giunta questi corpi polizieschi, insieme ad alcuni reparti speciali dell’esercito o della marina, come la Folgore o il battaglione San Marco, si fanno le ossa in imprese “umanitarie” di tipo coloniale dove hanno carta bianca: ogni tanto viene fuori qualche foto o testimonianza diretta su torture e stupri con contorno razzista (in Somalia), o sull’uso di simboli fascisti nelle caserme, in Iraq e in Afghanistan. Una “formazione” molto pericolosa, questa: è nelle guerre coloniali che si sono formati i generali come Francisco Franco… Consiglio di vedere quanto scrivevo a proposito della strage di Misurata del 24 maggio 1915, in appendice all’articolo: Gli errori di Gheddafi e i crimini dell’Italia

Ho sempre denunciato le spese militari per la loro evidente ricaduta negativa su tutta l’economia, e per spiegare dove si potrebbero andare a prendere i miliardi che invece vengono ricavati spremendo lavoratori e pensionati e tagliando le spese per servizi utili e necessari. Una visione, ha osservato qualcuno, un po’ “economicista”. Forse la critica è esagerata: a conferma riporto in appendice uno dei volantini preparati per la mobilitazione del 15 ottobre a Roma. Ma è vero che non possiamo limitarci alla denuncia.

Bisogna rifarsi di più non solo alla coerenza di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, ma anche all’esempio fornito più recentemente – negli anni Ottanta e Novanta – da quelle figure bellissime di cristiani coerenti, come mons Luigi Bettazzi o don Tonino Bello, che hanno praticato anche l’obiezione fiscale, rifiutando di versare la parte di tasse che sarebbe andata a finanziare le spese militari. A suo tempo avevo sottovalutato l’impatto di questo meccanismo, tecnicamente difficile da realizzare, e naturalmente aggredito dai cani rabbiosi dei giornali di Berlusconi, che lo assimilavano ipocritamente all’evasione fiscale praticata dal loro padrone, ma mi sbagliavo. Non fermava le spese militari, ma creava un’ondata di rigetto nei loro confronti che ebbe un notevole ruolo nella riuscita di un grande movimento contro la prima aggressione imperialista all’Iraq del 1991, in cui l’impegno generoso di questi cristiani compensò la scarsa presenza della sinistra (per viltà e opportunismo, o per indifferenza, e a volte perfino perché troppo impegnata in meschine operazioni di spartizione del patrimonio del vecchio PCI). Mi è capitato a Gallipoli, allora una roccaforte del PRC, di fare un’assemblea contro la guerra dai salesiani con più di  200 partecipanti, tra cui non c’era neppure un compagno di rifondazione…

Luigi Bettazzi o Alex Zanotelli sono rimasti ancora sulla breccia. Abbiamo bisogno anche di loro, ma anche della testimonianza, decenni dopo la loro morte, di don Tonino Bello e – prima ancora – di don Lorenzo Milani, con la sua bellissima lettera ai cappellani militari.

Ne abbiamo bisogno per dare più forza a un rifiuto che deve diventare di massa, ma che deve essere totale. Non basta chiedere ritocchi: la guerra è un crimine, come lo è l’uso delle ricchezze della terra non per sfamare i miliardi di affamati ma per far fiorire le industrie della morte, e mantenere enormi apparati inutili e dannosi.

(a.m. 11/10/11)

 

Appendice: un volantino recente

Le spese militari sono tutte inutili e dannose

L’incredibile ministro Ignazio La Russa è andato in TV a piangere per i tagli che sfiorerebbero anche il bilancio della difesa… In realtà sono state ridotte di 300 milioni solo le piccole spese di gestione (il carburante, la manutenzione, i ricambi e l’addestramento del personale), ma non si accenna neppure lontanamente a ridurre le commesse per l’acquisto di nuove armi. Ed è scandaloso, dato che almeno l’1,7% del nostro Pil è impiegato per armare e addestrare l’esercito, mentre alla ricerca e allo sviluppo viene destinato solo lo 0,5%. Per giunta, da decenni, molte spese militari sono occultate sotto altre voci: “missioni umanitarie”, protezione civile, ecc. . Sì, anche la protezione civile, che ha nascosto tra i suoi organici un gran numero di alti ufficiali, e ha acquistato spesso aerei e navi identiche a quelle commissionate dal Ministero della Difesa…

D’altra parte è stata utilizzata in un’assurda “missione umanitaria” ad Haiti anche la portaerei “Cavour”, che tra l’altro non ha potuto nemmeno attraccare per i bassi fondali dell’isola e ha dovuto scaricare con gli elicotteri i modestissimi aiuti inviati. Secondo il vescovo emerito di Caserta Raffele Nogaro, in un appello lanciato con padre Alex Zanotelli e molti altri religiosi, la “Cavour” sarebbe costata quasi 1,5 miliardi e ha un costo di esercizio di circa 150.000 euro al giorno.

Ma quanto sia costata e costi ogni giorno davvero la “Cavour” è un mistero: la spesa è stata spezzettata tra varie voci, e assegnata solo in parte al bilancio della Difesa, in parte ai bilanci di altri ministri (come quello dello Sviluppo economico). Le spese militari sono per giunta nascoste grazie al “segreto militare”: anche le divise, le tovaglie per la mensa e perfino la carta igienica vengono acquistate a prezzi esorbitanti. Se 190.000 circa sono i soldati professionisti attualmente arruolati nell’esercito italiano va detto che è altissimo il numero dei graduati: 600 generali e ammiragli, 2.660 colonnelli e decine di migliaia di ufficiali, che hanno stipendi molto elevati già in Italia, che si accrescono poi enormemente quando sono in “missione” all’estero.

Inutile domandarsi quanto costano veramente le missioni “umanitarie” in Afghanistan, in Libano, in vari altri paesi. Nei prossimi anni per giunta, anche grazie agli interessi di molte banche nel finanziamento delle attività militari e nella produzione di armi, è previsto l’acquisto di nuovi armamenti: 1,4 miliardi per i sistemi d’arma della portaerei “Cavour”, 13 miliardi per l’acquisto di 135 caccia “invisibili” F-35, 5 miliardi per i cacciabombardieri Joint Strike Fighter , 4 miliardi per 100 nuovi elicotteri militari, 5,7 miliardi per 10 fregate Freem, 1 miliardo per 2 sommergibili e 12 miliardi per l’acquisto di sistemi digitali per l’esercito.  Per giunta il governo italiano regala fregate a paesi come la Libia o Panama! Domandiamoci: perché questi acquisti? Chi minaccia l’Italia? Ecco dove si può tagliare davvero!

È anche per questo che possiamo dire:

IL VOSTRO DEBITO NON LO PAGHIAMO!

Sinistra critica Marche