Il faro di Messina

Di delusioni ne hanno date tante certi sindaci “progressisti”, che sembravano “controcorrente” solo perché si erano ribellati momentaneamente alle imposizioni delle gang del PD, ma che non riuscivano neppure a immaginare che si potesse governare senza accordarsi subito con chi aveva sempre governato la loro città. Valga per tutti l’esempio di Giuliano Pisapia, che è riuscito perfino ad avallare una nuova forma di sfruttamento nei contratti di lavoro per l’Expo di Milano, il lavoro gratuito (ne parla tra l’altro Giorgio Cremaschi in un’intervista con il M5S che mi sembra interessante: http://www.youtube.com/watch?v=Fgr6qkFBGeo, e ne aveva scritto precedentemente in: http://www.rete28aprile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4071:137-lexpo-del-precariato&catid=10:primo-piano&Itemid=29 ).

Ma per fortuna c’è un’eccezione: il sindaco di Messina, che anche dopo l’insediamento, non ha rinunciato a nuotare davvero controcorrente.

Invece di accontentarsi della invisibile e quindi poco significante spilletta della pace, con cui Fausto Bertinotti credeva di salvarsi l’anima partecipando alla parata militare, Renato Accorinti, sindaco di Messina, ha scandalizzato generali e politicanti intervenendo alle celebrazioni del 4 novembre con la sua “divisa” (maglietta rossa e sandali francescani) e sventolando una bandiera della pace su cui per evitare equivoci e ambiguità aveva scritto a pennarello a grandi caratteri: “L’Italia ripudia la guerra”. E ha detto: «Si svuotino gli arsenali, strumenti di morte e si colmino i granai, fonte di vita. Il monito che lanciava Sandro Pertini sembra ancora oggi cadere nel vuoto. Nulla da allora è cambiato. L'Italia, Paese che per la Costituzione ripudia la guerra, continua a finanziare la corsa agli armamenti e a sottrarre drasticamente preziose e necessarie risorse per le spese sociali, la scuola, i beni culturali, la sicurezza».
Renato Accorinti ha poi insistito sulla particolare esposizione della Sicilia, che «rischia di diventare una portaerei del Mediterraneo: una base dalla quale fare partire strumenti di morte e controllare con tecnologie satellitari (Muos) i Paesi stranieri».E non ha mancato di denunciare la soluzione militare all'arrivo dei flussi migratori, «vissuto come un problema di ordine pubblico da affrontare con le forze armate, da circoscrivere in ghetti, lontani dagli sguardi della popolazione italiana».

Tutto questo nello stesso giorno in cui Napolitano esaltava invece ogni impresa "patriottica", a partire da quella dei due marò sparatori su inermi pescatori indiani.

Accorinti era diventato a sorpresa sindaco di Messina il 23 giugno alla testa di una lista civica che rispecchiava una tradizione di lotte contro il Ponte battendo al primo turno il candidato di centrodestra, e al ballottaggio superando incredibilmente quello del PD, che pure partiva da un 49,93%. Tra l’altro il suo successo aveva penalizzato fortemente il M5S che per settarismo avrebbe voluto usare il prestigio di Renato Accorinti, ma senza un accordo paritetico, ed era finito quindi a un misero 2,5%. Un’altra esperienza negativa su cui i “grillini” dovrebbero riflettere.

Sull’ultimo episodio di ieri, che ovviamente ha provocato reazioni inorridite di gran parte del vecchio mondo politico, rinvio alla cronaca di Lettera43: http://www.lettera43.it/politica/forze-armate-il-sindaco-di-messina-accorinti-espone-la-bandiera-della-pace_43675112752.htm

Ma penso valga la pena di rileggere sia i testi programmatici apparsi sul suo sito http://renatoaccorintisindaco.it/ sia la bella ricostruzione della sua battaglia fatta prima del ballottaggio da Cinzia Arruzza, che aveva fatto parte del comitato di appoggio alla sua candidatura. È apparsa su Il megafonoquotidiano, e la riporto integralmente qui di seguito.  (a.m. 5/11/13)

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Messina, invito a ribellarsi

Cinzia Arruzza

L'incredibile risultato elettorale di Renato Accorinti, tra i leader del movimento No ponte che ha costretto al ballottaggio il Pd, e ha quasi azzerato i voti del movimento grillino. Un'esperienza contraddittoria e ancora in movimento, ma in totale discontinuità con i ripetuti fallimenti della sinistra radicale.

 

Seduti al tavolino di un bar a due passi da Piazza Duomo, i volti sorridenti di Luigi Sturniolo, neo-eletto al consiglio comunale di Messina nella lista di Renato Accorinti, e di Claudio Risitano, uno dei promotori e animatori dell’occupazione dell’ex Teatro in Fiera di Messina, poi ribattezzato Teatro Pinelli occupato, la dicono lunga su quanto sia cambiato il clima della città negli ultimi mesi. Il cambiamento, è vero, viene da lontano: quanto meno dal primo campeggio contro il Ponte sullo Stretto, organizzato nell’ormai lontana estate del 2002 da un manipolo di folli visionari tra cui spiccavano i nomi di Sturniolo e Antonio Mazzeo. È stato in occasione del campeggio che Renato Accorinti si lanciò in una delle imprese più visibili del movimento no-Ponte: la scalata del “pilone”, che troneggia sulla spiaggia di Torre Faro. E, tuttavia, era già con un misto di stupore e incredulità che, nel dicembre scorso, in molti avevano salutato l’occupazione del Teatro in Fiera, luogo storico della città, chiuso ormai da quasi vent’anni e lasciato a marcire dalle istituzioni. I molti emigrati della città avevano trovato al loro rientro un regalo di Natale del tutto inaspettato, un teatro occupato e riaperto alla cittadinanza il 15 dicembre del 2012, decine di spettacoli, eventi e iniziative, e centinaia di corpi a occupare quotidianamente lo spazio e attraversarne le varie stanze. Nemmeno lo sgombero ordinato dalla questura il 14 febbraio successivo è riuscito a fermare gli occupanti, che nei mesi successivi si sono riconvertiti in Teatro Pinelli Itinerante, occupando piazze e organizzando spettacoli per le strade della città, fino ad arrivare all’occupazione di un nuovo spazio, uno dei tanti in disuso e abbandonati della città, la Casa del Portuale. “L’esperienza del teatro occupato è diventata negli scorsi mesi un tale punto di riferimento per l’immaginario della sinistra messinese”, spiega Claudio Risitano, “che persino il candidato a sindaco del centro-sinistra, Felice Calabrò, ha utilizzato video dello sgombero del Pinelli in campagna elettorale, con elogio tardivo ai ragazzi e alle ragazze che avevano occupato”. A questo video, il Teatro Pinelli ha prontamente replicato sul suo profilo facebook: ”Noi non abbiamo messo il copyright sulle lotte che abbiamo portato avanti: anche quei contenuti sono un bene comune. Purché il fine che se ne faccia non sia quello di occultare i soggetti e i poteri di questa città contro i quali le nostre lotte si sono scagliate. Questo tenta di fare Calabrò: far pensare ai messinesi che esista un filo rosso invisibile che collega Franzantonio Genovese al Teatro Pinelli. Questa si chiama “estetizzazione della politica”, pura rappresentazione di una realtà mistificata. Noi invece, come diceva Walter Benjamin, rispondiamo con la politicizzazione dell’arte”.
Se l’occupazione del 15 dicembre è giunta inattesa persino per gli stessi occupanti, il risultato elettorale di Renato Accorinti, storico pacifista e animatore infaticabile di movimenti ambientalisti e contro la guerra, ha dello sbalorditivo. Contro tutte le aspettative, al primo turno delle elezioni comunali, lo scorso 9 e 10 giugno, Renato Accorinti si è attestato al 23,88 %, sbaragliando il candidato di centro-destra, Enzo Garofalo, fermatosi al 18,49%, e costringendo al ballottaggio Felice Calabrò, che per cinquantanove voti non è riuscito ad andare oltre un ironico 49,94%. Per capire come questo sia stato possibile, in tempi in cui le liste della sinistra radicale in giro per l’Italia non riescono a superare percentuali da crescita annua del PIL in tempi di crisi, bisogna fare qualche passo indietro. Almeno quattro fattori principali hanno contribuito a questo risultato. Il primo consiste nella bancarotta politica del centro-destra messinese, a seguito di una gestione della città che potrebbe riassumersi in due battute: commissariamento del Comune e 400 milioni di euro di debiti. Il secondo fattore: la natura poco democratica, ma molto democristiana di un Partito Democratico governato con mano ferrea – e attraverso l’ancor più ferreo controllo di ventimila inossidabili preferenze a ogni tornata elettorale – da Francantonio Genovese. Ribattezzato da molti Franzantonio, per i suoi legami con la società monopolista dell’attraversamento dello Stretto, la Caronte&Tourist dei fratelli Franza, Genovese, sindaco di Messina dal 2005 al 2007 e oggi deputato del PD, è figlio d’arte: figlio del senatore DC Luigi Genovese e nipote del ministro democristiano Nino Gullotti, l’uomo che controllava il 41% delle tessere siciliane della DC. Il candidato a sindaco del centro-sinistra, Calabrò, è stato percepito da molti come troppo legato a Genovese, alla sua cordata, e a vecchie logiche di potere, e persino parecchi fedelissimi del PD hanno optato per il voto disgiunto: Accorinti a sindaco e i candidati del centro-sinistra più presentabili al Consiglio comunale. Questo spiega il divario tra il 49,93% raccolto da Calabrò e il 65,43% ottenuto dalla coalizione di centro-sinistra, che comprende anche SEL: la direzione messinese di SEL, infatti, ha preferito appoggiare il candidato del PD piuttosto che partecipare alla lista di Accorinti, spaccando in questo modo l’organizzazione.
Terzo fattore: non solo Renato Accorinti, ma molti dei candidati e delle candidate della sua lista civica, “Cambiamo Messina dal basso”, attestatasi all’8%, provengono dai movimenti di quest’ultimo decennio: dal movimento no-Ponte, di cui Accorinti è stato il volto più visibile, al più recente No-MUOS, passando per le lotte del lavoro, in una città il cui tasso di disoccupazione ha ormai raggiunto cifre stellari. “E’ questo che ha segnato la differenza con il Movimento Cinque Stelle, la cui candidata a sindaco ha preso meno del 3 %”, spiega Luigi Sturniolo, “noi agitiamo alcune parole d’ordine simili, sulle questioni ambientali, sulla corruzione e il clientelismo, e la necessità di una profonda discontinuità politica con le logiche di potere della città. Ma a differenza loro, veniamo dai movimenti e da un lungo lavoro di radicamento sociale e di presenza nel territorio e nelle sue lotte. È questo che ci ha dato una marcia in più”. La decisione del Movimento Cinque Stelle di presentare la propria candidata era giunta a seguito del rifiuto di Accorinti di candidarsi nelle fila del movimento di Grillo e della forte affermazione elettorale dei grillini alle elezioni regionali siciliane. Un ordine forse arrivato da Grillo stesso, che non aveva gradito la contro-proposta di Accorinti di apparentare la lista del Movimento Cinque Stelle alla sua candidatura a sindaco.
La caratterizzazione di movimento della lista e della candidatura di Accorinti ha dominato anche nella campagna elettorale. “E’ stata una cavalcata.”, racconta Sturniolo, “Per il programma elettorale abbiamo optato per un metodo partecipativo e organizzato decine di assemblee aperte a tutta la cittadinanza e svoltesi nel corso di tre mesi. La sede per la campagna elettorale l’abbiamo presa solo un mese fa, Renato non era convinto: a che serve una sede, diceva, se la campagna la dobbiamo fare per le strade, a parlare con la gente? E infatti, è questo che abbiamo fatto. Siamo andati in tutti gli angoli di Messina, quartiere per quartiere, compresi quei quartieri in cui la sinistra non metteva piede da decenni e che hanno fornito da sempre il bacino elettorale del voto clientelare alla Democrazia cristiana e ai partiti di destra. Non abbiamo promesso posti di lavoro in cambio di voti, né distribuito pacchi di pasta: abbiamo, invece, proposto partecipazione democratica. Abbiamo proposto che il Consiglio comunale diventi un mero terminale esecutivo di un processo di partecipazione popolare organizzato attraverso consulte popolari permanenti. Ai disoccupati, agli sfruttati e agli emarginati della città abbiamo detto: la città è vostra, riprendetevela”.
Arriviamo qui al quarto fattore. Tutti a Messina sanno che tutto questo non sarebbe stato sufficiente senza la credibilità e il carisma personali di Renato Accorinti, l’insegnante di educazione fisica pacifista e ambientalista, che sa dire cose di sinistra usando il linguaggio della gente comune. Una capacità comunicativa che gli ha permesso di difendere di fronte alle assemblee delle comunità cattoliche di base i diritti LGBT, compreso il riconoscimento da parte del Comune delle coppie di fatto e omosessuali, e di strappare comunque applausi entusiasti. Questo spiega anche l’enorme divario tra il risultato della lista civica e il suo risultato personale: Accorinti è diventato il simbolo di una voglia di riscatto che travalica gli schieramenti politici tradizionali. Questa personalizzazione della campagna, che si inserisce in un processo ormai avanzato di personalizzazione della politica a livello nazionale, ha permesso a questa esperienza di inserirsi nelle contraddizioni di un centro-destra alla deriva e di un centro-sinistra che odora di vecchio. E tuttavia, ne è anche il limite più evidente. Come passare dalla mobilitazione elettorale a quella sociale, come mettere la credibilità di Accorinti a servizio di processi collettivi di partecipazione e auto-organizzazione, come ancorare la voglia di riscatto della città a una politica coerentemente di classe: questi sono i nodi che dovranno essere affrontati nei prossimi mesi. Ma domenica 23 giugno c’è il ballottaggio, l’anticiclone fa splendere il sole di inizio estate, e i quartieri popolari da girare sono ancora molti. “Come riassumeresti in una battuta la vostra esperienza?”. “Con le parole pronunciate ieri da Renato di fronte a decine di persone assembrate ad ascoltarlo in uno dei quartieri più disagiati della città”, risponde Sturniolo: “Quello che vi chiediamo non è un voto: quello che vi chiediamo è di ribellarvi.”

Da  Il megafonoquotidiano