Il pendolo del Kirghizistan

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Il pendolo del Kirghizistan

Ieri avevo inserito due testi del 2005 sulla precedente crisi del Kirghizistan (Sul Kirghizistan). Ho scaricato poi notizie più dettagliate da diversi siti, e controllato i principali quotidiani. Ma ho avuto la sensazione che quanto avevo scritto cinque anni fa andasse bene anche per questa crisi. Tranne i nomi e qualche particolare… Il “rivoluzionario” Kurmanbek Bakaev, è stato cacciato come il suo predecessore Askar Akayev, che peraltro vorrebbe tornare. Akayev era sfuggito alla folla dentro un tappeto arrotolato, Bakaev con un aereo privato…

Il carosello di questa strana alternanza in cui chi è stato sconfitto ritorna al governo dopo qualche anno, è una costante di quasi tutti i paesi dell’ex “socialismo reale”, dall’Albania al Kirghizistan, ed è facilitata dall’assenza di alternative reali. Questa volta al posto di Akaev è arrivata (per ora, anche se non è facile dire se reggerà) Rosa Otumbayeva, già protagonista insieme a Bakaev della “rivoluzione dei tulipani” gialli del 2005. Sono tutte persone formatesi nella vecchia società sovietica e particolarmente segnate da quell’esperienza, quale che sia il nome che assume il loro partito (quello della Otumbayeva è la coalizione Ata-Zhurt, ma conta poco).

Nei filmati si vedono persone armate di bastoni mettere in fuga poliziotti armatissimi (anche se il reddito medio del Kirghizistan è di soli 130 dollari al mese, l’equipaggiamento dei corpi di sicurezza non ha nulla da invidiare a quello dei nostri rambo). E a bastonate o a calci in faccia, a volte sono riusciti a procurarsi un mitra strappandolo a poliziotti terrorizzati. Gente furiosa, per l’aumento della benzina, delle bollette di elettricità e gas, per la brusca riduzione delle rimesse degli emigranti, per il calo del PIL, che in un anno è passato da un + 8,41% di crescita nel 2008 a una flessione del – 2,3% nel 2009. Ma una volta conquistate le armi, il bilancio dei morti è stato ben più grave che nel 2005, forse cento, forse di più.

Qualcuno dirà, come cinque anni fa, che i nuovi arrivati sono manipolati dalla CIA…

Non lo sono, probabilmente, come non lo erano allora. Perché la CIA dovrebbe aver paura di un regime corrotto e corrompibile, con cui è abituata a trattare da anni? Bakaev che, secondo i nostri difensori dell’esistente e nostalgici del socialismo reale, fu definito nel 2005 un fantoccio degli USA, in questi anni ha più volte tentato di cacciare gli USA dalla base di Manas, preziosa per i rifornimenti alle truppe in Afghanistan; ma ha finito solo per alzare il prezzo, triplicando il canone

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d’affitto. Qualcuno lo critica per questo ma a noi è venuto in mente Prodi, che per la base di Vicenza faceva invece cospicui sconti agli Stati Uniti. Bakaev non era e non è un "agente", né di Washington, né di Mosca, né di Pechino (che pure segue con attenzione la situazione, per la contiguità con la sua regione più inquieta dopo il Tibet, il Xinjang, in cui i nazionalisti ujguri parlano la stessa lingua dei kirghisi). È solo un men che mediocre dittatorello locale, che aspirava, come un po’ tutti i rampolli del “socialismo reale”, a crearsi una “dinastia”.

Sintomatico che l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) ha invitato Governo e oppositori kirghizi a cercare il dialogo, per porre fine ai sanguinosi scontri. Sembra di sentire Napolitano. "Speriamo che entrambe le parti diano prova di saggezza e volontà politica di risolvere le vertenze, nell’interesse del popolo", ha detto il ministro degli esteri del Kazakistan Kanat Saudabaiev, il cui paese ha assunto la presidenza di turno dell’OSCE. "Siamo pronti ad agevolare il dialogo", ha aggiunto Saudabaiev, prima di esprimere "profonda preoccupazione" all’omologo kirghizo Kadyrbek Sarbaiev. Domani potrebbe toccare anche a lui…

Gli incidenti di Talas sono nati dalla richiesta di dimissioni del governatore locale, molto impopolare, ma la protesta si è sviluppata poi contro il regime di Bakaev, a cui viene imputato il mancato mantenimento delle promesse fatte cinque anni fa, un uso personale e familistico del potere e un generale decadimento delle condizioni economiche in cui si trova la maggior parte della popolazione. Già almeno un paio di volte negli anni scorsi si erano verificati scontri e disordini sia nella capitale Bishkek che in alcune città di provincia; nel 2007 il partito di Bakaev aveva conquistato la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento, nel corso di elezioni che però erano state subito contestate e avevano provocato altre proteste. Nulla di nuovo sotto i cieli della ex Unione sovietica…(a.m. 8/4/10)