Quante menzogne contro la Grecia!

 

«Ciò che le forze dominanti in Europa ora vogliono davvero è strangolare il paese. Vogliono mantenere la Grecia nella “gabbia di ferro” e costringere Syriza a fare ciò che tutti gli altri governi della sinistra in Europa hanno finito per fare. Vogliono mostrare che Syriza è come tutti gli altri, che è inevitabile, che non vi è altro modo. Questa è la loro vera strategia, dimostrare che Tsipras non è diverso da François Hollande, non è diverso da Romano Prodi, non è diverso da quello che abbiamo recentemente ottenuto dai social-democratici di sinistra in Europa».

Questo aveva detto efficacemente Stathis Kouvelakis nel dibattito pubblicato sul sito col titolo Badiou interroga Kouvelakis sulle strategie che si scontrano in Syriza (che purtroppo, forse perché, arrivato dopo molti altri articoli sulla Grecia, ha avuto solo 272 visite, contro alle 2.858 visite all’articolo, interessante ma non eccezionale, sul suicidio del copilota della Germanwing).

L’opinione di Kouvelakis è confermata dal martellamento quotidiano di tutta la stampa europea e italiana contro il governo Tsipras, accusato prevalentemente di essere troppo rigido e soprattutto di non avere il coraggio di gettare a mare la sua sinistra, per allearsi con i partitini di centro e centrosinistra bastonati dall’elettorato come To Potami o il Pasok. Alcuni si affannano a enfatizzare perfino le contestazioni che vanno in altre direzioni, come quella dei minatori colpiti dai licenziamenti di una multinazionale canadese, o dei 13 anarchici che hanno occupato il Rettorato dell’Università di Atene. Un po’ tutti, comprese alcune frange di sinistra, danno per avvenuta la capitolazione. Senza riferire però il dibattito reale in Syriza: non sono stati solo gli “estremisti” a denunciare lo sgombero effettuato dalla polizia, che in base alla legge greca non doveva entrare nell’università, e che potrebbe rappresentare un pericoloso precedente, dato che la polizia (come l’esercito…) è rimasta la stessa che per decenni è stata un baluardo della reazione. Tanto meno i giornali europei informano sulle manifestazioni che esercitano una pressione sul governo perché non ceda al ricatto, come queste segnalate in un articolo di Henri Wilno, tradotto da Gigi Viglino per il sito di Sinistra Anticapitalista, e che riporto qui di seguito:

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In Grecia, incertezze e primi movimenti dal basso.

di Henri Wilno

da: lcr-lagauche

 

I commenti sulla Grecia fluttuano al ritmo delle riunioni internazionali e delle dichiarazioni di Alexis Tsipras e dei suoi ministri. Nella situazione, in questo inizio di aprile, emergono tre punti importanti.

Il primo è il proseguimento dello strangolamento economico della Grecia. Il governo Tsipras è indietreggiato sulla maggior parte delle misure proposte nella campagna elettorale di Syriza, ma quello che ora vogliono l’Unione Europea (UE) e l’FMI è che vengano applicate misure di austerità in continuità con la politica della destra. Per ora Tsipras è ancora riluttante su alcuni punti, e annuncia anche il varo di alcune misure sociali, come ultimamente l’assunzione di 4500 operatori della sanità e la soppressione del ticket ospedaliero. Ma è chiaro che l’ora delle scelte si avvicina: non è possibile tutto insieme, pagare il debito, lasciar fare alla banche quello che vogliono e lasciare fuggire i capitali, e resistere a lungo ai diktat dell’UE …

Il secondo punto è che i ministri greci moltiplicano le dichiarazioni contraddittorie, poi smentite: su alcune privatizzazioni, sulla capacità della Grecia di far fronte alle prossime scadenze, sulle manifestazioni anarchiche … C’è una ragione di fondo alla base di questo: le contraddizioni interne di Syriza, tutta un’ala della quale non è disposta ad accettare i «compromessi dolorosi» di cui parlano alcuni funzionari del governo. D’altronde, l’influente quotidiano economico inglese Financial Times scriveva il 5 aprile che molti dirigenti europei spiegano in privato che è necessaria una ristrutturazione del governo greco, con l’allontanamento della sinistra di Syriza e l’ingresso del partito centrista To Potami, e magari del Pasok. «Tsipras deve decidere se vuole essere Primo ministro o leader di Syriza» ha dichiarato al giornale un dirigente europeo.

Il terzo punto è un inizio di movimento dal basso. Una «carovana di solidarietà e di lotta», promossa da vari settori combattivi della Grecia del nord, si è conclusa con una manifestazione ad Atene il 6 aprile. Il 1° aprile si erano svolte ad Atene e in varie altre città manifestazioni di pensionat/e/i che chiedevano la restituzione dei loro diritti. Tali mobilitazioni sono ancora limitate, ma lo sviluppo del movimento dal basso – e la capacità della sinistra radicale dentro e fuori Syriza di legarvisi e di allargarlo – è decisivo. (traduz. Gigi Viglino)

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Meno che meno si trovano sulla grande stampa informazioni esaurienti e commenti decenti sulle relazioni tra il governo Tsipras e la Russia (con la Cina sullo sfondo). L’eventualità di un anticipo di alcuni miliardi di euro su quanto la Russia dovrebbe pagare per i diritti di transito del nuovo gasdotto che traverserebbe la Grecia portando il gas russo dalla Turchia all’Italia e all’Europa occidentale, viene vista come “un attacco all’Europa”. Qualche giornale accenna allarmato al pericolo che dietro la Russia si celi la Cina, che ha maggiore disponibilità finanziaria, e che si era già candidata (al tempo dei governi precedenti, quelli sotto stretto controllo della trojka) all’ammodernamento di una parte del vecchio porto del Pireo e alla costruzione di una rete ferroviaria che lo colleghi ad altri paesi balcanici.

Allora la privatizzazione del porto del Pireo andava bene a tutti, anche se l’acquirente era la Cina, Infatti era considerata una concorrente pericolosa dagli Stati Uniti, ma non dai paesi imperialisti europei, ed era invece – giustamente – Syriza a preoccuparsi e a opporsi. Oggi, stretta dalla morsa feroce di tutti i governi dell’Europa che la vogliono strangolare, la maggioranza di Syriza guarda con altri occhi all’arrivo di capitali da qualsiasi parte provengano, e viene per questo denunciata come irresponsabile, a conferma che quel che da Strasburgo, Francoforte, Berlino, Madrid o Roma si vuole, è semplicemente una capitolazione del governo greco, che tolga ogni speranza a chiunque voglia cambiare le cose in Europa. Per sempre.

Nessun commentatore, riportando le prediche che Padoan non meno di Schäuble, Christine Lagarde non meno di Mario Draghi, infliggono quotidianamente ai governanti greci, ha l’onestà di dire che le riforme che si pretendono cocciutamente da Tsipras e Varoufakis come precondizione per avere l’elemosina di qualche briciola di finanziamento, sono le stesse che da anni erano state imposte ai governi greci sotto tutela della trojka, erano state applicate zelantemente, e avevano dimostrato il loro carattere non curativo ma letale, facendo crescere di dieci volte l’indebitamento del paese.

Finora Syriza ha resistito. Ma come potrà farlo se perfino la sinistra di un paese come l’Italia, importante per la vicinanza geografica, per l’analoga enormità del debito, e a cui lo stesso Tsipras si era inizialmente ispirato, continuerà a non capire che la sconfitta della sinistra greca sarebbe pagata da tutti in Europa? Eppure finora il governo greco è stato lasciato solo, anche dalla piccola sinistra che alle europee si era mossa sotto il simbolo di Tsipras. Tutti presi dalle prossime elezioni regionali, non si impegnano in una campagna di controinformazione nel nostro paese per contrastare le menzogne e le meschinità che vogliono impedire che dalla resistenza di Syriza (che finora non è stata piegata, nonostante le esitazioni e le oscillazioni di una parte dei suoi dirigenti) si possano ricavare in ogni caso lezioni utili per la ricostruzione di una prospettiva di sinistra. (a.m. 19/4/15)