A forza di giocare col fuoco, Matteo Salvini è riuscito ad accendere diversi focolai di incendio. Ha la complicità di un bel pezzo di apparato statale, che gli ha tenuto bordone quando è andato a provocare al campo rom di Bologna. Bastava far notare che quando la sua auto ha puntato in mezzo al cordone di manifestanti che lo contestava si vedeva benissimo che tutti i vetri dell’auto non erano rotti: si sono rotti solo successivamente, sia per l’atterraggio non morbido di chi si era salvato dall’aggressione leghista saltando sul cofano e sul tetto dell’auto per sfuggire all’investimento, sia per le pietre scagliate poi dagli inseguitori indignati. Tutti i media invece hanno parlato di “Salvini che sfugge agli aggressori che gli hanno rotto un vetro”… trasformando in vittima quello che come minimo era un provocatore, cresciuto alla scuola di Borghezio, e che comunque aveva cercato di investire chi lo contestava gridando slogan.
La polizia si è limitata a giustificarsi per essere arrivata tardi, evitando di dire esplicitamente quello che era implicito nella sua stessa ricostruzione: Salvini ha comunicato alla Digos di essere in ritardo, perché non voleva troppi testimoni alla sua provocazione, che doveva farlo passare per “vittima innocente di una vile aggressione”.
Per questo è inutile chiedere la messa fuori legge della Lega in via di trasformazione in organizzazione fascista, esattamente come era inutile chiederlo per il MSI che pure fascista era dichiaratamente fin dalla sua nascita, ma era protetto regolarmente dalle “forze dell’ordine”. La legge francese degli anni Trenta contro le Leghe fasciste fu usata dopo l’ondata di scioperi del 1936 per colpire le organizzazioni trotskiste e rivoluzionarie. Non ci si può illudere quindi che Alfano blocchi i fascisti! La Lega va semplicemente messa al bando rifiutando di dialogare con i suoi dirigenti in ogni occasione, compresi i talkshow, e manifestando pubblicamente tutto il disgusto per le sue iniziative xenofobe e razziste, e per la sua alleanza con la feccia di Forza Nuova o Casa Pound.
Ma occorre soprattutto che la sinistra, ora muta e incapace di agire, ricostruisca finalmente quella visione internazionalista che la caratterizzava negli anni della sua formazione e della sua ascesa. Bisogna che reintroduca nel suo discorso un’analisi del mondo in cui si scontrano le classi e non gli Stati; bisogna che smetta di considerare nemici sia coloro che vengono a cercare aiuto da paesi del mondo in decomposizione per gli effetti congiunti della rapina imperialista e dei conflitti per conto terzi, sia gli altri paesi europei come la Germania, presentata in blocco da più parti come causa dei nostri mali. In realtà anche la maggior parte dei tedeschi (a partire dagli abitanti delle regioni orientali più sacrificate) sono vittime di una crisi devastante che distrugge velocemente anche lì ogni residuo di welfare e di conquiste sociali del passato. Il nemico non è un altro paese, è il capitalismo, che cerca di superare la sua crisi scagliando i popoli l'uno contro l'altro.
Invece di prendersela con qualche popolo vicino o lontano, bisogna dunque identificare i nemici nel nostro paese, e ricominciare a combatterli, invece di farsi arruolare da essi per i loro comodi. La xenofobia viene alimentata su molti terreni, a partire dal culto retorico delle nostre Forze Armate, di cui si nascondono i crimini lontani, nelle guerre coloniali e in quelle interimperialiste, e si esaltano perfino le bravate più recenti dei mercenari utilizzati in varie parti del mondo: da quelle dei due “eroici” marò fucilatori di pescatori inermi, a quelle dei parà torturatori in Somalia. Le frasi disgustose contro i “negri barbari e stupratori” che i fascisti immettono in ogni tipo di protesta sono state facilitate dall’unanimità di tutti i gruppi parlamentari nella denuncia dell’India, presentata come un paese barbaro e incapace di esercitare la giustizia. Nessuna forza politica è stata capace di riferire come stanno le cose, e di dire che la lentezza nel giudizio è dovuta proprio alle pressioni maldestre e a volte ricattatorie del governo italiano per una soluzione totalmente assolutoria dei due marò assassini.
A monte delle manifestazioni di intolleranza razzista nella periferia romana o di Padova o di Milano, c’è anche il dilagare di una islamofobia ossessiva che è il frutto di un’ignoranza diffusa su cui agiscono facilmente minoranze ciniche e bene organizzate. Non ci si salverà, se la sinistra (compresi i sindacati) non ricomincerà a fare la sinistra e a svolgere una funzione educativa.
Va detto che qualche cenno di reazione comincia a vedersi. Oggi sul Manifesto c’era un articolo del tutto condivisibile di Anna Maria Rivera, ieri questo di Alessandro Dal Lago, che riprendo dal sito di Sinistra Anticapitalista:
(a.m. 14/11/14)
I FRUTTI VELENOSI DI SALVINI
di Alessandro Dal Lago, dal Manifesto
Migranti. L’attuale maggioranza, che ha imbarcato un bel pezzo del vecchio centro-destra, non sembra minimamente preoccupata da questa destra spregiudicata e movimentista
Da quando Massimo D’Alema se ne uscì con la famosa trovata della «costola della classe operaia», il fenomeno Lega è stato per lo più sottovalutato. Blandito e vezzeggiato a destra e sinistra, e anche temuto quando era al governo e sembrava sul punto di prendere il potere, il partito di Bossi non è stato compreso dai più nella sua natura profondamente fascista. E quindi non solo truce nelle parole d’ordine anti-meridionali, xenofobe, secessioniste e anti-europee, ma anche profondamente opportunista, capace di mutare obiettivi e alleanze, pur mantenendo la sua natura reazionaria.
Prendiamo il giovane Salvini. Nel momento in cui la Lega di Bossi si è rivelata come un partito arraffone, corrotto come qualsiasi altro, Salvini ha dato una sterzata proponendosi come alternativa «giovanile», radicale e scapestrata. Quindi, niente più elmi con le corna, frescacce celtiche e tutto il folclore che copriva gli inciuci con Formigoni e Berlusconi, ma una politica di movimento e, soprattutto, una dimensione nazionale in cui far confluire la destra estrema e iper-nazionale che non può identificarsi con il secessionismo. Ecco, allora, l’alleanza in Europa con Marine Le Pen e poi, da noi, con Casa Pound, imbarcata in un progetto che vede la Lega come partito leader della destra italiana post-berlusconiana. Altro che Alfano, borghese democristiano e doroteo fino al midollo.
Ma per realizzare questo progetto, che sembra finora coronato da un certo successo, anche se limitato, a Salvini non bastano l’anti-europeismo e il populismo, un terreno politico-elettorale su cui Grillo, anche se in declino, ha piazzato la sua ipoteca. Il leader della Lega ha bisogno di far crescere la tensione, di scaldare gli animi, di mobilitare, se non altro nell’opinione pubblica, quell’ampio pezzo di società (un tempo si sarebbe detto la «maggioranza silenziosa») che la pensa come lui in tema di tasse, Europa e immigrati, anche se magari non si dichiara ideologicamente fascista o leghista. E niente di meglio, in questo senso, che andare a provocare nomadi e stranieri, che da quasi trent’anni fanno da parafulmine per tutti i mal di pancia nazionali.
Ed ecco allora la provocazione di Bologna contro i Sinti, cittadini italiani in tutto e per tutto che hanno il torto di non vivere come i buoni leghisti del varesotto e della bergamasca. Ecco gli striscioni «No all’invasione» davanti ai ricoveri di rifugiati e richiedenti asilo, gente che non è venuta lì in macchina o in Suv, come i coraggiosi leghisti, ma ha attraversato mezzo mondo a piedi ed è scampata ai naufragi. Ed ecco ora l’oscena idea di andare a Tor Sapienza, a Roma, a gettare benzina sul fuoco acceso da estremisti di destra e, sembra, dai pusher che non vogliono centri per stranieri. Provocazioni fredde, calcolate e mirate, appunto, al ventre di quella società che mai andrebbe a tirare pietre contro gli stranieri, ma si rallegra profondamente quando qualcuno lo fa al posto suo.
Verrebbe voglia di archiviare tutto questo come il solito fascismo della solita Italia, ma sarebbe un errore. Perché oggi gli anticorpi sono deboli e frammentari. Né l’attuale maggioranza, che ha imbarcato un bel pezzo del vecchio centro-destra, sembra minimamente preoccupata da questa destra spregiudicata e movimentista. E basta dare un’occhiata ai commenti e ai blog dei quotidiani nazionali per capire quanto sia ampio il sostegno ai Salvini di turno.
D’altra parte, è sempre la vecchia storia. Quanto più le prospettive sono incerte, il futuro opaco, il lavoro mancante, il degrado della vita pubblica in aumento, tanto più è facile scaricare la frustrazione sugli alieni a portata di mano. E anche questo è un frutto avvelenato di qual thatcherismo appena imbellettato che passa sotto il nome di renzismo.