Trump ha perso, ma niente “tsunami blu”

 


di Lance Selfa*

La maggior parte delle principali stazioni televisive statunitensi ha designato Joe Biden presidente eletto il 7 novembre, quando il conteggio dei voti in Pennsylvania sembrava mettere lo Stato fuori dalla portata del presidente Trump. Con questo annuncio, migliaia di persone sono scese in strada per celebrare la sconfitta di Trump con manifestazioni spontanee, feste, suoni di clacson e fuochi d’artificio.

Questi festeggiamenti sono stati sicuramente una manifestazione di gioia per la sconfitta di Trump, ma non necessariamente festeggiamenti per la vittoria di Joe Biden e Kamala Harris. E questo per molte ragioni. In primo luogo, l’aspettativa di uno “tsunami blu“, che la maggior parte dei liberali e molti esperti avevano previsto, non si è concretizzata. In secondo luogo, Trump e un gruppo di avvocati hanno continuato a contestare i risultati. Sebbene nessuna di queste sfide sembri poter aver successo, hanno gettato un’ombra sufficiente sui risultati per aumentare le tensioni post-elettorali.

Tutti gli occhi ora si rivolgono ai due turni delle elezioni del Senato degli Stati Uniti in Georgia a gennaio. Se i Democratici conquisteranno questi due seggi (un risultato improbabile), avranno la maggioranza assoluta in Senato. Molto probabilmente, però, avremo la continuazione del controllo repubblicano sul Senato, che manterrà lo stallo di parte che ha reso disfunzionale il ramo legislativo del governo americano anche di fronte alla crisi del coronavirus.

Che cosa è successo?

Gli esperti di questioni elettorali stimano già che le elezioni del 2020 hanno prodotto la più alta affluenza alle urne degli elettori da oltre un secolo, con la partecipazione di più di due terzi degli aventi diritto al voto. Al momento in cui scriviamo, i dati rimangono invariati: 78,7 milioni di voti per Biden/Harris, 73,2 milioni di voti per Trump/Pence e circa 2,8 milioni di voti per gli altri candidati. In termini di percentuali complessive, ciò significa che circa il 33% degli elettori ha votato per Biden, il 30,6% per Trump e circa il 35% non ha votato.

Per quanto riguarda le elezioni presidenziali, i Democratici hanno vinto in quegli Stati nei quali nel 2016 pensavano, erroneamente, che avrebbero vinto contro Trump, aggiungendo alla lista l’Arizona e la Georgia. I democratici hanno ricostruito il “muro blu” del Middle West, riprendendosi il Wisconsin, il Michigan e la Pennsylvania, stati che avevano votato democratico ad ogni dal 1988. Nel 2016, Trump è entrato alla Casa Bianca vincendo proprio questi Stati con un totale complessivo di circa 77.000 voti in più rispetto alla Clinton, mentre aveva perso a livello di voto popolare nazionale per oltre 2 milioni di voti. Questa volta, Biden ha superato Trump nel voto popolare complessivo di oltre 5 milioni di voti, e Biden ha vinto in tre stati chiave per oltre 230.000 voti.

I risultati per la Camera dei rappresentanti e per il Senato sono stati molto diversi. In queste elezioni legislative, i Democratici sono sul punto di perdere una dozzina di membri della loro maggioranza alla Camera e rimarranno (molto probabilmente) una minoranza al Senato. Nelle elezioni legislative statali e per quelle di governatore, i Democratici sembrano aver perso, o almeno non aver guadagnato terreno. Questa performance molto deludente ha rappresentato un grande colpo psicologico per l’intellighenzia liberale democratica che attendeva un ripudio massiccio dei repubblicani a tutti i livelli.

Anche se il candidato presidenziale non ha mai ottenuto il sostegno della maggioranza nei suoi quattro anni di mandato, i repubblicani hanno tenuto duro. Infatti, nella maggior parte dei luoghi, il totale dei voti dei candidati del GOP [Grand Old Party, Partito Repubblicano] al Senato e alla Camera ha superato il totale di quelli ottenuti da Trump. A livello Stati, come ad esempio il Texas e il Wisconsin, il GOP ha mantenuto le proprie maggioranze legislative, in modo da poter continuare a conservare il “voto-splitting” [suddivisione dei distretti elettorali] che permetterà loro di continuare, in un prossimo futuro, ad essere sovra-rappresentati al Congresso.

Come previsto, i repubblicani di Trump hanno mobilitato i loro sostenitori e sono riusciti ad ampliare in una certa misura il proprio elettorato. Secondo i sondaggi elettorali AP Votecast, la percentuale di elettori repubblicani che si definiscono bianchi è aumentata dal 71% nel 2016 al 74% nel 2020. E i repubblicani sono riusciti ad ottenere un certo sostegno tra gli elettori neri e latini. Rispetto a coloro che sono andati alle urne nel 2016, l’elettorato era più anziano, meno istruito, più bianco e situato a metà dello spettro complessivo dei redditi. È interessante notare che gli elettorati del 2016 e del 2020 sono assai simili in termini di genere e di percentuale di elettori rurali.

Nel complesso, le tendenze che hanno prevalso negli anni sono diventate più marcate. Joe Biden e i Democratici sono stati sostenuti dalla maggioranza delle donne, dei non bianchi, dei giovani, delle famiglie di lavoratori e lavoratrici sindacalizzati/e, delle famiglie che guadagnano meno di 50.000 dollari all’anno e della popolazione urbana. I repubblicani hanno visto schierarsi a loro favore la maggioranza degli uomini, dei bianchi, dei bianchi senza formazione, degli elettori rurali e degli elettori religiosi, e una leggera maggioranza del gruppo a reddito medio (quelli che guadagnano tra i 50.000 e i 100.000 dollari all’anno). Ma il confronto delle analisi condotto sugli elettorati tra il 2016 e il 2020 fornisce osservazioni più interessanti sull’impatto degli anni di Trump.

Joe Biden è stato votato da una percentuale leggermente più alta di uomini, bianchi, elettori rurali e persone sotto i 45 anni rispetto a Hillary Clinton nel 2016, anche se ha perso una quota significativa di questi gruppi sociali a favore di Trump. Trump ha fatto molto meglio con i latino-americani rispetto al 2016. Gli anziani (65 anni e più) sono schierati in misura assai deboli con Biden, hanno continuato a dare la maggioranza dei loro voti a Trump. Nel 2016 e nel 2020, circa il 42% delle famiglie di lavoratori sindacalizzati ha sostenuto Trump, mentre la percentuale di questo settore sul totale degli elettori è scesa al 15% (dal 18% del 2016 e da oltre il 20% delle precedenti elezioni).

I vari sondaggi (AP Votecast e Sondaggio elettorale nazionale Edison) differiscono per quanto riguarda l’aumento o la diminuzione della percentuale di nuovi elettori a partire dal 2016, ma entrambi indicano che Biden ha conquistato circa il 60% di coloro che hanno votato per la prima volta.

Da questo miscuglio di cifre è possibile trarre alcune conclusioni provvisorie. In primo luogo, all’interno di un elettorato più numeroso, Trump è comunque riuscito a far emergere il “proprio” voto, ma Biden ha ottenuto una quota maggiore di questo voto rispetto alla Clinton. Biden ha rosicchiato quello che era stato il vantaggio del GOP tra la classe media, tra i laureati e nelle periferie. Ma questi cambiamenti potrebbero non essere stati così decisivi come molti moderati del Partito democratico avevano sperato. In secondo luogo, la stretta dei repubblicani ai margini dell’elettorato bianco di tutte le classi, così come le incursioni in altri segmenti dell’elettorato – in particolare tra i latinoamericani della Florida meridionale e del Texas meridionale – dimostrano che i Democratici non possono contare su una “maggioranza democratica emergente” basata esclusivamente sulle tendenze demografiche.

Nel 2016, negli Stati del Blue Wall [California, New York, Illinois, Pennsylvania, Michigan, New Jersey, Washington, Massachusetts, Maryland, Minnesota, Wisconsin, Oregon, Connecticut, Rhode Island, Delaware, Vermont e Washington DC], la chiave della vittoria di Trump era stato il drammatico calo dei voti dei neri a Milwaukee, Detroit e Philadelphia. L’aumento della partecipazione dei neri in queste tre città è stato fondamentale per la ricostruzione del Blue Wall, e il voto dei latino-americani è stato probabilmente la chiave per la vittoria in Nevada, mentre il voto dei latino-americani e dei nativi americani ha contribuito a spingere Biden al vertice in Arizona. Gli elettori neri, asiatici e latini hanno aiutato Biden in Georgia.

Il candidato democratico alla presidenza non conquistava la maggioranza degli elettori bianchi dalle elezioni del 1964. Per contro, i democratici hanno dovuto invece limitare le loro perdite tra i bianchi, ottenendo invece una grande maggioranza tra i non bianchi. Sono invece riusciti a farlo nel 2020. Ma se la storia ci insegna qualcosa, gli sforzi per far sì che gli elettori non bianchi votino per Biden-Harris in futuro saranno accolti con grande delusione di fronte alle politiche che saranno perseguite dal governo Biden-Harris.

Perché non vi è stato uno “tsunami blu”?

Nonostante siano state le elezioni più costose della storia (con una spesa stimata di circa 15 miliardi di dollari), con la più alta affluenza alle urne da un secolo a questa parte, nel contesto di molteplici crisi stimolate dalla pandemia, e di fronte alle previsioni diffuse di un massiccio spostamento elettorale verso i Democratici, il risultato appare comunque sconcertante. Infatti, tranne la cacciata del presidente in carica, il risultato delle elezioni ha mantenuto in gran parte la situazione precedente.

Come si spiega tutto questo? I sondaggi elettorali hanno ovviamente spinto anche gli analisti più sobri ad aspettarsi l’ondata democratica. I progressisti e i democratici sono stati, forse, i più inclini a rispondere nei sondaggi d’opinione. Forse ci sono davvero persone che non hanno voluto ammettere, rispondendo alle domande dei sondaggi, che sostengono Trump. E forse i sondaggi non hanno percepito un movimento tardivo a favore di Trump, mentre la maggior parte degli esperti tendeva piuttosto a pensare che gli elettori indecisi alla fine si schierassero a sostegno dello sfidante Biden. Ci sono prove che suggeriscono che le campagne razziste di Trump contro il movimento Black Lives Matter e l'”antifa” potrebbero essere le cause di questa ondata tardiva di consensi, specialmente nelle aree non urbane. Tutti questi temi saranno discussi per mesi. Tuttavia, la vera domanda a cui bisogna rispondere è questa: perché il GOP non ha pagato un prezzo più alto per il catastrofico fallimento del suo rappresentante sulla questione più importante che gli Stati Uniti (e il mondo) devono affrontare, cioè la pandemia del coronavirus?

Rick Wilson, uno dei consulenti repubblicani “Never Trump” che l’anno scorso ha fondato un comitato pro-Biden, noto come Lincoln Project, ha stabilito tre principi chiave per guidare una campagna elettorale contro “il diavolo” Trump. Per prima cosa, fare in modo che l’elezione diventi un referendum sul presidente. In secondo luogo, concentrarsi quasi esclusivamente sulla vittoria nel Collegio elettorale. E, terzo, avere coscienza del fatto che gli elettori non scelgono per chi votare in base ai dettagli delle proposte politiche. Consapevolmente o meno, la squadra di Biden sembra aver seguito alla lettera questi consigli. Ha fatto in modo che le elezioni si trasformassero in un referendum sulla disastrosa gestione della pandemia da parte di Trump. Nonostante alcuni progressi in aree come il Texas e l’Iowa, la strategia di Biden dipendeva in gran parte dalla vittoria nei collegi elettorali di Wisconsin, Pennsylvania e Michigan. Infine, ha sviluppato una campagna su temi assai vaghi come “l’unità degli Stati Uniti”, “scienza più che finzione”, “decenza”, ecc. e assai meno su specifiche questioni politiche.

Questa strategia ha funzionato bene per le elezioni presidenziali, ma non per le elezioni a livello degli Stati. Concentrandosi su Trump, la campagna di Biden ha permesso al governo di farla franca. In realtà, ha continuato a far avanzare nozioni irrealistiche di un’epoca di collaborazione bipartisan che sarebbe stata possibile dopo che le elezioni avessero cancellato la macchia di Trump. Biden si è presentato come il “non-Trump” e non ha in realtà difesa nessun’altra prospettiva. Non sorprende che i candidati repubblicani più in vista, nella maggior parte delle elezioni a livello degli Stati, abbiano ricevuto una percentuale di voti più alta di quella ottenuta da Trump.

La pandemia ha anche avuto un ruolo contraddittorio nel plasmare le elezioni. Quando si guarda l’elenco delle questioni che gli elettori hanno affermato essere più importanti per loro o che hanno influenzato il loro voto, i primi due sono stati il Covid e l’economia. Altri, come il razzismo, la brutalità della polizia, il ruolo della Corte Suprema, il cambiamento climatico, hanno avuto un sostegno a una sola cifra, e la maggior parte di loro ha favorito Biden. Coloro che hanno affermato che la risposta del governo al Covid è stata la loro preoccupazione più importante (circa il 41% dell’elettorato) hanno sostenuto in modo schiacciante Biden (73% contro il 25%). Ma chi pensava che “l’economia e l’occupazione” fossero le questioni più importanti (circa il 28%), ha votato per Trump (57% contro 41%). L’intersezione tra il Covid e la recessione economica causata dal virus ha quindi preso direzioni diverse.

A gennaio, prima delle primarie democratiche e dell’inizio della pandemia negli Stati Uniti, il dibattito politico a sinistra si è concentrato sulla possibilità che Bernie Sanders potesse trasformare (ampliare, rinnovare) l’elettorato democratico e se l’establishment democratico avesse potuto “far deragliare” Sanders. E, infine, chi sarebbe stato il candidato democratico “moderato“. Ma forse queste considerazioni erano soltanto aspetti secondari poiché, nonostante la sua storica impopolarità, Trump era ancora in una posizione di forza per essere rieletto. Come ha scritto Sharon Smith lo scorso febbraio “Se i democratici pensavano che una causa di impeachment avrebbe eroso il sostegno a Trump, si sbagliavano di grosso. I risultati dei sondaggi di Trump sono in costante miglioramento dall’ottobre 2019, quando è iniziata l’indagine sul suo predecessore. E un sondaggio Gallup condotto all’inizio di febbraio ha mostrato che Trump ha raggiunto il suo più alto rating di approvazione fino ad oggi, al 49%. Nello stesso sondaggio, più di sei persone su dieci hanno dichiarato che le loro finanze personali sono migliori di quelle di tre anni fa, poiché gli effetti della piena occupazione si stanno finalmente facendo sentire, mentre il 63% ha approvato il modo in cui Trump sta gestendo l’economia (una misura chiave della “electability” di Trump a novembre)….Non ci sono ragioni per escludere la rielezione di Trump nel novembre 2020, visto lo stato attuale del nostro sistema elettorale disfunzionale“.

Gli elettori non sono abituati a licenziare gli uscenti quando esprimono i loro sentimenti sulla propria situazione economica. E i dati del Census Bureau suggeriscono che la maggior parte delle famiglie americane ha visto migliorare il proprio reddito sotto l’amministrazione Trump, come parte della lunga ripresa dopo la Grande Recessione. Questo potrebbe non avere nulla a che fare con Trump, ma era comprensibile che i più preoccupati per “l’economia e i posti di lavoro” sostenessero il voto a Trump come segno della volontà di tornare allo status quo precedente la crisi.

Poi è arrivato il Covid, proprio nello stesso momento in cui l’establishment democratico riusciva a raggrupparsi attorno a un politico neoliberale di lungo corso, poco stimolante ma che sembrava offrire una scelta “sicura” in vista del novembre 2020. Per alcune settimane, in marzo, Trump ha svolto il ruolo di “presidente di guerra” e ha raccolto, proprio come uno “schieramento attorno alla bandiera“, un aumento del sostegno. Ma, non è chiaro per quale ragione, Trump e la sua amministrazione hanno abbandonato questa posizione di fronte alla pandemia. Se Trump fosse stato in grado di rispondere al virus con un minimo di abilità, probabilmente sarebbe stato rieletto. Invece, la risposta disordinata, segreta e illusoria fornita da Trump ha dato a Biden l’ossigeno di cui aveva bisogno per il successo elettorale. Dati i risultati della disastrosa risposta di Trump – quasi 250.000 morti, milioni di infettati, molti con postumi a lungo termine, 40 milioni di disoccupati, più di 100.000 fallimenti di piccole imprese e molto altro ancora – rimane sorprendente che Trump e il GOP non abbiano subito una sconfitta assai più massiccia.

Ma, se analizzate più dettagliatamente, le analisi sulle esperienze degli elettori di fronte al virus possono fornire una spiegazione. Secondo il sondaggio AP Votecast, una minoranza della popolazione ha riferito di aver subito le conseguenze più gravi del virus, quali il fatto di avere amici o familiari che sono morti o hanno perso il lavoro o il reddito. Sappiamo che l’impatto è stato percepito in modo sproporzionato dalle persone di colore e dai lavoratori in prima linea, che sono maggiormente suscettibili di far parte dell’elettorato democratico che non elettori del GOP. Dato che la pandemia sta imperversando nel paese guidato da Trump, questi punti di vista potrebbero cambiare in futuro. Ma non è stato così il 3 novembre.

Inoltre, Trump sembra essere riuscito a convincere milioni di persone che è meglio tenere l’economia “aperta” piuttosto che prendere provvedimenti per fermare la diffusione del virus. Questo ragionamento sembra aver convinto milioni di persone che temono il virus, ma anche a coloro che potrebbero non essere in grado di lavorare a casa o di mandare i propri figli in età scolastica a casa. Alla fine di agosto, con l’introduzione della legge CARES, un sostegno al reddito [compresi i pagamenti diretti agli individui e alle famiglie] potrebbe aver portato molti a concludere che “l’apertura dell’economia” era il male minore rispetto all’attesa che il Congresso venisse in loro soccorso con un altro disegno di legge contenente misure di stimolo all’economia. L’isolamento primaverile offriva un accordo implicito: se la gente comune si fosse sacrificata, le autorità avrebbero avuto il margine di manovra necessario per fare ciò che era necessario per sconfiggere il virus. Invece, l’amministrazione Trump ha mandato al diavolo questa risposta e ha scaricato tutte le proprie responsabilità sugli Stati e sulle amministrazioni locali. Il mosaico di risposte che ne è risultato non ha sradicato il virus. Al contrario, la pandemia è esplosa quando gli Stati e le amministrazioni locali hanno adottato provvedimenti per “la riapertura”. Oggi il virus è ancora più diffuso e gran parte del pubblico mostra una “stanchezza Covid”, dovuta allo sconvolgimento della vita quotidiana.

Data questa situazione molto complicata, è troppo semplicistico concludere che i democratici avrebbero potuto fare meglio se avessero difeso politiche socialdemocratiche come “Medicare per tutti” o se avessero scelto Sanders al posto di Biden. Parte di questo argomento si basa sull’idea che, come diceva Meagan Day su un articolo apparso su Jacobinmentre la gente comune può avere ogni sorta di idee assurde e di atteggiamenti reazionari, gli appelli diretti a ciò di cui la gente ha bisogno per sopravvivere e vivere decentemente hanno il potere, a volte, di dissipare le illusioni“. Come ho cercato di dimostrare sopra, c’erano vere ragioni materiali (e non solo deliri di una guerra culturale) per cui la pandemia ha avuto impatti contraddittori sulla coscienza.

Anche le analisi progressiste che pretendono di dimostrare l’efficacia elettorale della difesa delle posizioni socialdemocratiche possono semplicemente mostrare che queste posizioni sono “più sicure” in circoscrizioni sicure, prevalentemente già Democratiche, e che il fatto che i Democratici conservatori stiano perdendo nelle circoscrizioni pro-Trump è in qualche modo un ritorno alla loro tradizionale propensione dopo la spinta democratica per le elezioni di metà mandato del 2018. E questo non tiene nemmeno conto del messaggio antisocialista che la campagna di Trump e i repubblicani sembrano aver recepito in modo abbastanza efficace, almeno in alcune parti del paese.

In ogni caso, le strategie elettorali non offrono una soluzione miracolosa quando la classe lavoratrice rimane sulla difensiva. Lo sviluppo delle lotte dei lavoratori nella primavera del 2020 per la sicurezza sul lavoro e la richiesta di dispositivi di protezione individuale è stato lasciato da parte. Organizzazioni come i principali sindacati dell’AFL-CIO avrebbero potuto portare questi temi in primo piano. Si sono invece concentrati sull’elezione di un candidato che non ha realmente dato sostanza al tema dell'”eradicazione del virus” e il cui piano di assistenza sanitaria ruotava principalmente intorno al mantenimento delle “prestazioni preesistenti” dell’Obamacare (Affordable Care Act).

E la sinistra?

Negli ultimi anni, abbiamo visto un certo numero di organizzazioni e di individui abbandonare l’idea di costruire un’alternativa socialista indipendente a favore del sostegno ai candidati socialdemocratici che si candidano sulle liste dei Democratici. Questa prospettiva corrisponde a quella della più grande organizzazione socialista degli Stati Uniti, la DSA (Democratic Socialists of America). Questa sinistra ha puntato molto sulla campagna di Bernie Sanders alle primarie del Partito Democratico. Ma la battaglia di Sanders si è spenta quando le primarie dell’elettorato democratico si sono allineate alla preferenza dell’establishment democratico partendo dall’opzione di fondo “chiunque tranne Trump” rappresentata da Biden. La fase finale di questo processo è arrivata in autunno, quando molti di questi socialisti hanno chiesto di votare Biden, giustificando spesso le loro azioni con una retorica iperbolica sulla necessità di salvare gli Stati Uniti dal fascismo o da un colpo di stato.

Da allora, il “colpo di stato” si è trasformato in una farsa nel parcheggio del Four Seasons Total Landscaping [una conferenza stampa tenuta dall’avvocato di Trump Rudy Giuliani nel parcheggio di una società di giardinaggio di Philadelphia l’11 novembre, deriso persino dal Wall Street Journal]. Ma questi argomenti nel puro stile “fronte popolare” hanno fornito a chi si posiziona a sinistra una motivazione di fondo per sostenere il tandem neoliberale Biden/Harris contro Trump.

Così, proprio nel momento in cui gran parte della sinistra stava riorientando la sua attenzione sull’elezione di Biden, è scoppiata la rivolta a seguito l’assassinio di George Floyd del 25 maggio 2020. Una rivolta che ha costituito, secondo diverse valutazioni, uno dei maggiori movimenti sociali della storia americana. E mentre migliaia di membri della DSA hanno partecipato alle proteste, i membri della DSA hanno ritenuto insufficiente l’impegno dell’organizzazione in questa mobilitazione su larga scala [vedi Tempest, 5 agosto 2020]. Ciò illustra l’orientamento particolarmente elettoralistico della direzione dei DSA.

Ora che le elezioni sono finite, che cosa ha conquistato la sinistra? Attualmente, vi è un dibattito all’interno del Partito Democratico sul fatto che la presenza di “The Squad” – il gruppo di membri progressisti della Camera il cui membro più importante è Alexandria Ocasio-Cortez (AOC) – abbia fatto perdere ai Democratici dei seggi alla Camera dei rappresentanti, a causa del sostegno a politiche come il Green New Deal o a proposte come quella di tagliare i finanziamenti alla polizia.

È vero che i repubblicani sono abili nel demonizzare i socialisti e a trasformare gli slogan di sinistra come una loro arma. Ma l’attuale braccio di ferro tra la “destra” e la “sinistra” in seno ai Democratici è il risultato di un dibattito che è stato soffocato durante la campagna elettorale. D’ora in poi, la parola d’ordine della “moderazione” sarà sistematicamente utilizzata per sostenere un’agenda neoliberale che Biden avrebbe comunque attuato. Non dimentichiamo che personaggi come Alexandria Ocasio-Cortez e Sanders hanno promosso attivamente la candidatura di Biden e mobilitato le persone che erano in strada a maggio e giugno invitandole ad andare a votare per lui. La Commissione Biden/Sanders ha sviluppato una serie di piani d’azione. Ma ha respinto il Green New Deal, l’assicurazione sanitaria per tutti, il divieto di fratturazione idraulica e altre posizioni progressiste. Pertanto, avendo aderito volontariamente alla campagna, pur accettando di mettere da parte il proprio orientamento, non possono criticare in modo credibile Biden per non essersi espresso su questi temi. Su questo punto, Alexandria Ocasio-Cortez è più onesta, quando ammette di aver accettato un compromesso, di quanto non lo siano i socialdemocratici di Jacobin quando sostengono di aver sempre saputo come sarebbero andate a finire le cose.

Rimane il mantra “Votate per Biden oggi per poterlo combattere domani“. Eppure, possiamo prevedere che un’enorme pressione sarà esercitata a sinistra una volta che Biden entrerà in carica con una stretta maggioranza alla Camera e, come è probabile, con la maggioranza del GOP al Senato. La sinistra sarà sotto pressione per sostenere Biden mentre “fa del suo meglio“, con i conservatori che guideranno la lotta al Congresso e la destra che scenderà in piazza nei prossimi due anni. Trump non sarà più alla Casa Bianca, ma continuerà ad esistere. E, come sappiamo con dolore, la stagione elettorale non finisce mai. C’è sempre un’altra elezione in cui si chiede alla sinistra di sostenere i Democratici per salvare il Paese dal fascismo. E i Democratici saranno sempre più ostili a sinistra quando cercheranno di trovare un terreno comune d’intesa con la destra.

La rivolta per la giustizia razziale dell’estate scorsa ha mostrato che esiste un’altra via: quella della lotta di massa. Ma senza una politica e un’organizzazione socialista indipendente, anche un movimento di massa rischia di essere disperso o dirottato, limitandosi a mobilitare gli elettori e le elettrici a favore del Partito Democratico.

I prossimi anni saranno difficili. Richiederanno molto di più di una comprensione riformistica di come la società cambia. Vivremo con un’amministrazione democratica dominante che molto probabilmente rimarrà paralizzata fin dall’inizio. La pandemia continuerà a fare disastri per il prossimo anno o ancora dopo. Un’amministrazione Biden sarà all’altezza di queste sfide?

Allo stesso modo, gli avvertimenti dei liberali alla loro sinistra ricordando che “tutto è ancora possibile” sono svaniti quando i repubblicani hanno imposto alla Corte Suprema (26 ottobre) la conferma del giudice di estrema destra Amy Coney Barrett; con l’amministrazione Biden/Harris vi è da aspettarsi altre sconfitte o battute d’arresto di questo tipo. Se l’amministrazione Biden vuole davvero vendere la “normalità” in questi tempi anormali e radicali, si sta scavando la fossa. Nel frattempo, la destra guadagnerà influenza nella misura in cui essa si oppone all’amministrazione in carica. Vista l’attrazione esercitata dal comportamento elettorale teso a votare contro l’altro partito piuttosto che per il proprio, è probabile che vedremo una sconfitta del governo a metà del 2022. Ci si sta preparando a un ritorno in forza di Trump, o di un personaggio tipo Trump più competente, in grado di vincere nel 2024?

L’unica cosa che può cambiare il corso degli eventi è una lotta di massa e un impegno reale nell’attività politica, indipendentemente dai calcoli elettorali dei democratici. La buona notizia del 2020, per altri versi un anno terribile, è che milioni di persone hanno vissuto un risveglio politico. La sfida per la sinistra socialista è quella di prepararsi a offrire alternative politiche e organizzative a una “minoranza militante” di queste persone.

*Articolo pubblicato sul sito di International Socialism Project, il 16 novembre 2020; la traduzione in italiano, curata dal segretariato MPS, è stata allestita partendo da una versione francese apparsa sul sito A l’Encontre). Lance Selfa è autore di The Democrats: A Critical History (Haymarket, 2012) ed editore di U.S. Politics in an Age of Uncertainty: Essays on a New Reality (Haymarket, 2017).

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