Torino: un primo passo

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Fiat, una giornata di solidarietà internazionale

 

Riprendo da  Il megafonoquotidiano l’articolo sull’incontro torinese tra quadri operai e sindacalisti italiani e polacchi. Tanto più volentieri, per la notizia che intanto a Mirafiori è stato riconquistato dalla FIOM, con la lotta, il diritto di assemblea: in piazza, con uno sciopero "spontaneo", per scavalcare il rifiuto dell’azienda e le complicità di altri sindacati. Due passi nella direzione giusta… (a.m. 9/12/10)

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Si è svolto il 5 dicembre 2010 il seminario che ha messo a confronto i delegati e i militanti sindacali della Fiat e dell’indotto di Torino con due militanti del sindacato Agosto 80 della Fiat Tychy polacca. In appendice il comunicato finale

 

Diego Giachetti

Come suonano ancora bene le parole di Bertolt Brecht quando scriveva che «la semplicità è difficile a farsi», riferite al seminario, organizzato per impulso di Sinistra Critica, che si è tenuto a Torino il 5 dicembre 2010. Per la prima volta si è realizzato un confronto diretto, personale, tra presidente, Franciszek Gierot, e il vice presidente, Kruzysztof Mordasiewicz, del sindacato polacco Agosto 80 della Fiat Auto Poland di Tychy, con esponenti del sindacalismo torinese della Fiat Auto della Fiom, dei Cobas, dei Cub e dell’Usb.
Sembra paradossale, come ha rilevato nel suo intervento un quadro storico del sindacalismo torinese, Alberto Tridente, che oggi, coi mezzi di comunicazione che ci sono, incontri di tal genere siano rarità rarissime, soprattutto perché non ricercate e non praticate. Egli ha ricordato come, in altri tempi e con ben altre difficoltà logistiche e politiche, il sindacato torinese dei metalmeccanici seppe trovare e mantenere contatti vivi con lavoratori e sindacalisti di paesi dove la Fiat o altre industrie operavano: dalla Spagna all’Argentina al Brasile. Oggi questo è meno scontato, nonostante, almeno per quanto riguarda l’Europa, sia possibile spostarsi celermente da un paese all’altro, senza più visti e frontiere, e i “luoghi” sono facilmente raggiungibili in due ore o poco più d’aereo.

Eppure, come è stato più volte rammentato, quello che si è svolto a Torino è stato il primo incontro di questo genere. Ce n’era bisogno, e il dibattito lo ha espresso, mettendo in luce la necessità, finalmente in parte esaudita, di conoscersi a partire da informazioni minime da condividere, per capirsi. Un lavoro di ricostruzione di un tessuto connettivo, di un confronto tra realtà, condizioni lavorative e sindacali diverse per storia, modalità, tradizioni, reso necessario e impellente, non da una sorta di “turismo sindacale” ma dall’operato della multinazionale Fiat e dall’impulso che alla sua strategia è stato dato dalla recente direzione dell’amministratore Marchionne. Di fronte a questa strategia che opera a livello internazionale, si registra la carenza e il ritardo di un’analoga risposta che chiami alla solidarietà i lavoratori del gruppo Fiat al di là e oltre i confini nazionali, insomma quello che nell’Ottocento e nel Novecento si chiamava internazionalismo.

Una solidarietà o internazionalismo che per costituirsi deve andare oltre la proclamazione della sua necessità, per cominciare davvero a costituirsi. E la strada concreta da percorrere non può essere che quella del confronto fra operai e sindacalisti in carne ed ossa. Quando questo avviene e si va oltre l’articolo o il saggio teorico, si scopre, dalla viva voce dei protagonisti, quella che è la condizione operaia nei singoli stabilimenti del gruppo: i contratti che la regolano, il livello medio del salario, le ore di lavoro giornaliere, le malattie professionali, la quotidianità della vita familiare operaia (affitti, spesa, tempo libero, lavori domestici, maternità), l’impianto legislativo statale, il ruolo dei sindacati e l’azione dei gruppi dirigenti aziendali degli stabilimenti.
Il pubblico italiano ha così potuto apprendere dalla viva voce dei due rappresentati sindacali, l’origine del loro sindacato (1992), le ragioni della loro separazione dal preesistente sindacato Solidarnosc, il loro radicamento nello stabilimento automobilistico, svenduto al gruppo Fiat per pochi euro nel 1992, che conta oggi 1.440 iscritti su 6.400 dipendenti, 1.200 dei quali a contratto determinato, rinnovabile ogni mese e senza limiti di tempo. Agosto 80 è il sindacato più rappresentativo nella fabbrica polacca.

I sindacalisti presenti hanno ricordato le lotte condotte nel corso degli anni: memorabile quella che portò all’occupazione della fabbrica per 56 giorni, le repressioni subite da parte dell’azienda, le conquiste effettuate in termini di aumento salariale e di welfare, l’assenza per in pianto legislativo di un contratta unico nazionale, a differenza dell’Italia, che impone una contrattazione unicamente aziendale, per cui miglioramenti o peggioramenti delle condizioni di lavoro, dipendono unicamente dalla forza e dalla capacità di lotta degli operai dei singoli stabilimenti. Le nuove e pressanti richieste che vengono da gruppo Fiat per un aumento e un’intensificazione dei ritmi di lavoro, attraverso la revisione della settimana lavorativa, l’aumento delle ore di straordinario, in un regime per cui, dato anche l’impianto legislativo vigente, è quasi impossibile opporvisi.
Nel dibattito è emerso inoltre quanto spesso le comparazioni in termini di produttività, sbandierate dal gruppo Fiat per indicare, a secondo del paese al quale parlano, chi lavora di meno, siano spesso fondate su elementi statisticamente vacillanti, poco credibili nel loro presunto impianto scientifico. Propaganda ammantata di ufficialità, insomma.
Kruzysztof Mordasiewicz ha detto, dati alla mano, che il costo del lavoro nel bilancio della Fiat polacca incide per l’1,7% sul costo di produzione. E che è su questo dato che vuole insistere l’azienda riducendolo con l’aumento della flessibilità e l’intensificazione del lavoro. Sa a noi italiani dicono che in Polonia lavorano di più e producono di più, agli operai polacchi dicono invece che i turchi lavorano ancora più di loro, dimostrando così che le condizioni che l’azienda vuole porre sono apparentemente ragionevoli. Così, ha proseguito, si crea divisione e si semina zizzania tra i lavoratori non solo dei diversi paesi, ma nel paese stesso.
Una frammentazione che è anche conseguenza del fatto che dei sette sindacati presenti nell’azienda automobilistica, almeno cinque, sono disposti a seguire in tutto e per tutto l’azienda nel suo ragionamento. Lo stesso ragionamento, ha detto Franciszek Gierot, fa lo staff dell’impresa Renault: dicono ai lavoratori francesi, gli slovacchi sono migliori di voi, se lo fanno loro dovete farlo anche voi. Ecco perché lo scontro che il gruppo Fiat ha aperto rappresenta forse l’ultima occasione per organizzare una risposta collettiva, unitaria degli operai degli stabilimenti europei. La sua preoccupazione e il suo intento sono stati ripresi in vari altri interventi e, qualcuno, ha sottolineato l’opportunità di costruire subito un coordinamento a partire dalla Federazione Europea dei Metalmeccanici, spingendo perché in Italia la Fiom e i sindacati di base operino in tal senso, altrimenti c’è il rischio che fra un po’ ci si ritrovi a spiegare le ragioni di una nuova nostra sconfitta.

Numerosi anche gli interventi di lavoratori e sindacalisti italiani, dai quali i polacchi hanno potuto approfondire e conoscere la nostra situazione. Anche da noi, si è sottolineato, abbiamo un problema duplice. Siamo in difficoltà e in ritardo non solo per quanto riguarda la costruzione di legami duraturi e operativi con realtà lavorative di altri paesi, ma anche per quanto riguarda l’unità stessa dei lavoratori italiani, divisi, come il caso Pomigliano ha dimostrato, a causa del cedimento di alcune organizzazioni sindacali o, isolati politicamente, come nel caso recente della trattativa torinese per lo stabilimenti di Mirafiori, dove praticamente, tutto il mondo politico rappresentato nelle istituzioni, tende a far pressione perché si accettino tutte le condizioni capestro che Marchionne pone. Certo, da noi, per ora esiste ancora un contratto nazionale, strumento attraverso il quale si è costruita l’unità dei lavoratori, e uno Statuto dei lavoratori, conquiste però sempre più ridimensionate da recenti e meno recenti provvedimenti legislativi tesi a frammentare, separare, dividere i lavoratori in tante figure contrattuali diverse.

Un mondo di profittatori e di profitti sembra rovesciarsi addosso ai lavoratori, senza possibilità di contrastarlo? Non è proprio così. I due sindacalisti polacchi hanno raccontato delle preoccupazioni dello staff dirigenziale dell’azienda quando hanno saputo che partivano per l’Italia per incontrare lavoratori e sindacalisti del gruppo Fiat. Una preoccupazione forse esagerata? Certo un timore tutto loro che è di buon auspicio per quanti volessero costruire un coordinamento tra lavoratori italiani della Fiat e lavoratori polacchi, nella speranza che questo sia solo un primo passo e un esempio da seguire per tutti. Ecco perché l’incontro si è concluso con un comunicato congiunto nel quale ci si impegna reciprocamente: -a proseguire lo scambio di informazioni, a costruire un comitato di coordinamento e sensibilizzare sul tema nell’ambito delle proprie organizzazioni sindacali; – a porre il tema del lavoro e delle sue modalità (orari, salari, ritmi, riposi, turni, diritti) al centro delle politiche sindacali in Europa; -a costruire una prossima scadenza europea che metta a confronto lavoratori e sindacalisti delle industrie automobilistiche.

COMUNICATO CONCLUSIVO DELL’INCONTRO

Torino 5/12/2010
Le intervenute/i al seminario del 5/12/2010 tra delegate/i e militanti sindacali della FIAT, in Italia e Polonia, nel loro primo incontro si impegnano a quanto segue:
 
1)     Proseguire lo scambio di informazioni ed analisi finalizzate al coordinamento delle lotte per la difesa dei diritti del lavoro. Con l’impegno ad intervenire ciascuna/o nelle proprie organizzazioni sindacali di riferimento al fine di definire una piattaforma rivendicativa comune ai diversi insediamenti nazionali e prospettare iniziative concrete convergenti.
2)     Riportare il tema del lavoro al centro della battaglia politica e sociale  in Europa, in termini di condizioni, retribuzioni e diritti, senza accettare il ricatto delle “leggi” imposte dalla globalizzazione liberista e combattendo le politiche antipopolari dei governi europei.
3)     Questa impegni di resistenza e di mobilitazione richiedono naturalmente un collegamento tra le lotte per il lavoro e le azioni a difesa dei “Beni Comuni” (es. acqua, suoli, trasporti, salute ecc.) e di un’istruzione pubblica e di qualità per tutte e tutti.
 
Lavoriamo per rivederci in una iniziativa europea delle lavoratrici e dei lavoratori delle diverse realtà produttive del settore auto sempre più ampia.